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Già, perché se un libro viene finito, cioè terminato, vuol dire che è finito, cioè che non è infinito. D’altra parte, credo che né io né voi abbiamo mai avvistato libri infiniti.
Eppure, l’idea di un libro senza fine è talmente forte e densa di implicazioni affascinanti e vertiginose che molti l’hanno in qualche modo affrontata. Ma come realizzare un libro infinito?
Libri ciclici (infinito metaforico)
Esiste un trucco per farlo in modo molto semplice: con qualche artificio si fa in modo che il lettore, arrivato in fondo al libro, riparta dall’inizio. Una struttura ciclica, quindi. O, se preferite, un’applicazione libresca dei corsi e ricorsi storici di Gianbattista Vico o del concetto nietzschiano dell’eterno ritorno.
Solo che in questo modo non si realizza veramente un libro infinito, ma piuttosto un libro illimitato, un po’ come una circonferenza, che non ha inizio né fine, ma nemmeno una lunghezza infinita.
L’artificio del libro ciclico fu realmente utilizzato dallo scrittore irlandese James Joyce nella sua ultima e più complessa opera, pubblicata nel 1939 con il titolo Finnegans wake: il testo si apre infatti con la frase
riverrun, past Eve and Adam's...
che in realtà è la seconda parte della frase che conclude il libro:
A way a lone a last a loved a long the
Un altro esempio di libro ciclico lo troviamo nel romanzo La storia infinita, pubblicato nel 1979 dallo scrittore tedesco Michael Ende. Il libro ha una struttura molto complessa e una trama estremamente intricata e suggestiva. La versione cinematografica del 1984, diretta da Wolfgang Petersen, sebbene molto coinvolgente, piena di magnifici effetti speciali e impreziosita da una bella colonna sonora, sacrificava molto della ricchezza e della profondità del testo originale. Per la cronaca, Ende si inferocì dopo aver visto la pellicola, e affermò: "Auguro la peste ai produttori. M'hanno ingannato. Quello che mi hanno fatto è una sozzura a livello umano, un tradimento a livello artistico."
Nel romanzo, La storia infinita è il titolo di tre libri diversi:
1. il libro scritto da Ende, nel quale sono narrate, in color rosso rubino, le vicende del mondo reale e, in color verde-azzurro, quelle del regno di Fantàsia;
2. il libro rubato dal ragazzino Bastiano in un negozio di antiquariato, in cui sono raccontate soltanto le vicende di Fantàsia;
3. il libro scritto dal Vecchio della Montagna Vagante, in cui sono descritte, in color verde-azzurro, le vicende del mondo reale e, in color rosso rubino, quelle del regno di Fantàsia.
Michael Ende (1929-1995) Da http://alleszeichnen.blogspot.it |
L'Imperatrice chiede al Vecchio di leggere il libro.
Lui, pur riluttante, esegue l'ordine, innescando così la Fine Infinita, un vertiginoso ciclo ricorsivo senza fine: tutti gli avvenimenti della Storia Infinita si ripetono, a partire dal furto del libro da parte di Bastiano.
Il ragazzino, allora, comprendendo di essere rimasto intrappolato in un loop senza fine, pronuncia il nome "Fiordiluna", che magicamente funziona come condizione di terminazione del ciclo infinito: qualcosa di analogo all'"ordine di procedere a un risveglio" nell'Abate cruento di Elio.
Anche lo scrittore argentino Jorge Luis Borges ha immaginato spesso libri pseudo-infiniti dalla struttura ciclica. Nel celebre racconto La biblioteca di Babele descrive un libro fisicamente ciclico: un gran libro circolare dalla costola continua, che gira tutto attorno alla parete di una stanza di forma circolare. Successivamente si apprenderà che questo libro ciclico è Dio.
L’immagine del volume circolare ritorna anche in un altro racconto famoso, Il giardino dei sentieri che si biforcano, che ho già citato in un vecchio post riguardante la computazione quantistica.
La vicenda narrata è quella del professore cinese Yu Tsun, spia in Inghilterra al servizio della Germania durante la prima guerra mondiale. Yu Tsun è il discendente di Ts'ui Pen, noto per avere scritto un enorme romanzo e per avere costruito un labirinto infinito, che nessuno è mai riuscito a ritrovare. Stephen Albert, uno studioso di letteratura cinese gli svela la verità, contenuta in una lettera vergata dallo stesso antenato di Yu Tsun:
Prima di ritrovare questa lettera, m'ero chiesto in che modo un libro potesse essere infinito.
Non potrei pensare che a un volume ciclico, circolare: un volume la cui ultima pagina fosse identica alla prima, con la possibilità di continuare indefinitamente.
Mi rammentai anche della notte centrale delle Mille e una notte, dove la regina Shahrazad (per una magica distrazione del copista) si mette a raccontare testualmente la storia delle Mille e una notte, a rischio di tornare un'altra volta alla notte in cui racconta, e così all'infinito. Pensai anche a un'opera platonica, ereditaria, da trasmettersi di padre in figlio, e alla quale ogni nuovo individuo avrebbe aggiunto un capitolo, emagari corretto, con zelo pietoso, le pagine dei padri. Queste congetture mi attrassero; ma nessuna sembrava corrispondere, sia pure in modo remoto, ai contraddittori capitoli di Ts'ui Pen.
Raymond Queneau (1903 – 1976) |
Alla fine Albert svela la verità a Yu Tsun: libro e labirinto sono in realtà la stessa cosa, e costituiscono il "giardino dei sentieri che si biforcano" del titolo. Non un labirinto infinito nello spa
zio, quindi, ma un romanzo labirintico che cerca di descrivere tutte le conseguenze future di un evento a più livelli, in una ramificazione vertiginosa e potenzialmente infinita.
Potenzialmente, appunto. Potrei soffermarmi sulle molte complesse strutture combinatorie esplorate nel Novecento da alcuni scrittori, primi fra tutti Raymond Queneau nei suoi Cent mille milliards de poèmes: un insieme di dieci sonetti ciascuno dei quali occupa una pagina ed è formato da 14 versi. Ogni pagina è tagliata in strisce orizzontali, ciascuna delle quali contiene un verso: le combinazioni che si vengono a creare sono quindi 1014, appunto i centomila miliardi del titolo.
Libri veramente infiniti (infinito attuale)
Se la ciclicità è poco più di un trucco per rappresentare l'infinito, anche le strutture combinatorie, per quanto ardite e mostruosamente ramificate, non possono che tendere all'infinito, senza mai raggiungerlo davvero.
Per forza, direte voi: mica vorrai costruire un libro veramente infinito!
Non fisicamente, certo, ma almeno concettualmente forse una strada esiste, e a questo proposito il solito Borges ha indicato alcuni spunti interessanti.
Il racconto La biblioteca di Babele termina con la seguente vertiginosa visione:
Letizia Alvarez de Toledo ha osservato che la vasta Biblioteca è inutile: a rigore, basterebbe un solo volume, di formato comune, stampato in corpo nove o dieci, e composto d’un numero infinito di fogli infinitamente sottili (Cavalieri, al principio del secolo XVII, affermò che in ogni corpo solido è la sovrapposizione di un numero infinito di piani). Il maneggio di questo serico vademecum non sarebbe comodo: ogni foglio apparente si sdoppierebbe in altri simili; l’inconcepibile foglio centrale non avrebbe rovescio.
Il principio di Cavalieri, cui Borges fa riferimento, attribuisce una astratta plausibilità a un’idea di libro infinito che ovviamente rimane impossibile dal punto di vista concreto: come sarebbe possibile, infatti, realizzare un volume di spessore finito costituito da un numero infinito di pagine infinitamente sottili?
Ammettendo comunque che l’operazione sia possibile, è chiaro che un siffatto libro sarebbe un vero libro infinito, e potrebbe quindi raccogliere in sé l’intero contenuto di una biblioteca infinita come quella descritta da Borges nella prima parte del racconto.
Jorge Luis Borges (1899 - 1986) - da http://quadernodizaffiro.blogspot.it |
Il racconto fa parte della raccolta omonima del 1975, che contiene anche il racconto Tigri blu.
Nella vicenda raccontata da Borges, il protagonista riceve uno strano libro da un venditore di bibbie:
Mi
disse che il suo libro si chiamava il Libro di Sabbia, perché
quel libro e la sabbia non hanno né principio né fine. Mi disse di cercare la prima
pagina.
Con la mano sinistra sopra il
frontespizio, cercai la prima pagina con il pollice quasi incollato
all'indice. Tutto fu inutile: tra il frontespizio e la mano si interponevano sempre nuovi fogli. Era come se
sorgessero dal libro.
«Adesso cerchi la fine.»
Fallii di nuovo; riuscii appena
a balbettare con una voce che non era la mia:
«Non è possibile.»
Sempre sottovoce, il venditore
di bibbie mi disse:
«Non è possibile, ma è. Il numero di pagine di questo libro è esattamente infinito. Nessuna è la prima, nessuna è l'ultima. Non so perché siano numerate in questo modo arbitrario. Forse per suggerire che i termini di una serie infinita ammettono qualsiasi numero.
«Non è possibile, ma è. Il numero di pagine di questo libro è esattamente infinito. Nessuna è la prima, nessuna è l'ultima. Non so perché siano numerate in questo modo arbitrario. Forse per suggerire che i termini di una serie infinita ammettono qualsiasi numero.
Ben presto il libro diviene un tormento insostenibile per il protagonista, il quale decide alla fine di disfarsene abbandonandolo sugli scaffali di una biblioteca.
Verso
la fine dell'estate capii che il libro era mostruoso. A nulla valse
considerare che non meno mostruoso ero io, che lo
percepivo con occhi e lo palpavo con dieci dita provviste di unghie. Sentii
che era un oggetto da incubo, una cosa oscena che infamava e corrompeva la
realtà.
Pensai
al fuoco, ma ebbi paura che la combustione di un libro infinito fosse
altrettanto infinita e soffocasse con il fumo il
pianeta.Ricordai di avere letto che il luogo migliore per nascondere una foglia è un bosco. Prima di andare in pensione lavoravo nella Biblioteca Nazionale, che conserva novecentomila libri; so che a destra del vestibolo una scala curva si immerge nello scantinato, dove si trovano i periodici e le carte geografiche. Approfittai di una distrazione degli impiegati per perdere il Libro di Sabbia in uno di quegli umidi scaffali. Cercai di non osservare né a che altezza né a che distanza dalla porta.
Provo un po' di sollievo, ma non voglio nemmeno passare per via México.
Libri come quelli sognati da Borges nella Biblioteca di Babele e nel Libro di sabbia sono, per così dire, veramente infiniti, nel senso che la nozione di infinito che racchiudono non è soltanto una metafora, come nel caso dei libri ciclici, o una potenzialità, come nei libri combinatori alla Queneau. Qui ci si confronta invece con un infinito matematico "attuale".
Si direbbe che l'infinito del primo libro descritto da Borges abbia la potenza del continuo (come i numeri reali), mentre il secondo sembra essere numerabile (come i numeri interi).
Nel bellissimo saggio Jeux finis et infinis del 2010 (edito in Italia da Dedalo nel 2012 col titolo Giochi finiti e infiniti), il matematico francese Jean Paul Delahaye ha fornito una definizione rigorosa di un libro infinito alla Borges.
Quello che Delahaye chiama l'"assioma dei libri infiniti" stabilisce infatti che:
ogni sottoinsieme infinito E dell'intervallo [0,1] dei numeri reali compresi fra 0 e 1 determina un libro infinito anch'esso chiamato E. A ciascun elemento x di E corrisponde un foglio x del libro E. Se x e y sono due elementi di E e x<y, allora il foglio associato a x si trova, nel libro E, davanti al foglio associato a y.
Questo principio consente di immaginare una grande varietà di libri infiniti, dato che a ogni sottoinsieme infinito dell'insieme dei reali compresi tra 0 e 1 corrisponde un libro infinito ben preciso, con proprie caratteristiche legate alle peculiarità del sottoinsieme stesso.
Vedremo nella seconda parte di questo post come sono fatti questi strani, affascinanti e mostruosi libri infiniti.
Ho letto con vivo interesse. Borges è stato, fin dal liceo, uno dei miei autori preferiti. Ho avuto anche la fortuna di conoscerlo personalmente e di scambiare qualche parola con lui. Ero a Buenos Aires nel 1975, lui era un ultrasettantenne ormai non vedente, eravamo nella libreria di Buenos Aires che aveva eletto a suo studio. Grande ricordo!
RispondiEliminaWow, hai conosciuto Borges di persona! Emozione!
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