venerdì 11 dicembre 2020

X

A volte mi sveglio la mattina con un'idea balzana.
Di solito l'idea svanisce poco dopo, tra le brume del dormiveglia e le volte di fumo del caffè. Qualche giorno fa, però, mi è saltato in mente che sarebbe stato interessante regalare al mio blog, magari come regalo anticipato per il suo decimo compleanno, un post con un titolo molto, molto breve. Il più breve di sempre. Ho pensato a titoli formati da una sola parola, che forse sarebbero riusciti a conquistare l'ambito primato.
Poi ho pensato che se vuoi fare una cosa, tanto vale farla fino in fondo. E allora ho deciso di utilizzare una sola lettera. Non una a caso, però: la X.
Avete già capito, eh?

Ecco. In realtà il post, in un certo senso, è già finito. No, non perché abbia deciso di far sì che fosse anche il post più breve in assoluto (cosa che non avrebbe peraltro funzionato, perché nella storia di Mr. Palomar esiste anche un post totalmente privo di testo), ma perché il resto della storia l'avevo già scritto, cioè l'ho ripreso dal mio libro "Matematica rock".

Già, perché in uno dei capitoli del libro avevo accennato ad alcune delle teorie che sono state proposte per spiegare il motivo dell'uso della lettera "X" per indicare le incognite in matematica. 
Ecco a voi, dunque: buona lettura!


Ebbene, nel saggio La geometria (e anche in altri precedenti) lo scienziato francese propose di utilizzare le prime tre lettere dell’alfabeto (a, b, c) per indicare quantità note e le ultime tre (x, y, z) per denotare valori sconosciuti. Questa pratica, grazie alla successiva diffusione delle opere di Cartesio, si consolidò e divenne uno standard impiegato ancora oggi. Non è escluso che lo studioso avesse preso a prestito l’idea da qualcun altro.

In un monologo TED del 2012, Terry Moore, direttore di The Radius Foundation, organizzazione americana attiva nel settore della comunicazione, ha fornito una curiosa spiegazione del fatto che oggi noi usiamo abitualmente la lettera x per indicare un numero ignoto. Secondo Moore, tutto è nato da un problema di traslitterazione dalla lingua araba a quella spagnola [4] [5]. I matematici arabi indicavano l’incognita con il termine al-shalan, che significa “la cosa ignota” (la parola shalan, senza l’articolo determinativo “al”, significa “qualcosa”, ovvero qualcosa di indefinito o di sconosciuto). Quando gli studiosi spagnoli, nel Medioevo, dovettero tradurre nella propria lingua i trattati arabi di qualche secolo addietro, si imbatterono in una difficoltà: in spagnolo non esiste il suono “sh” e quindi lo resero con il suono “ck”, che in greco antico è scritto con la lettera “X” (“chi”). Quando, successivamente, questo materiale fu tradotto nella lingua comune europea, ovvero in latino, la “chi” greca fu sostituita dalla “X” latina.

L’ipotesi di Moore non è documentata e molti studiosi non la ritengono plausibile. Secondo un’altra storia, fu addirittura lo stampatore di Cartesio a suggerirgli di utilizzare la lettera x per rappresentare l’incognita matematica: essendo la lettera meno usata in francese, per lo stampatore era più comodo usare i caratteri mobili della x che quelli di un’altra lettera. Al di là delle teorie più o meno fantasiose, resta il fatto che Cartesio scelse le lettere x, y, z come simboli d’elezione per le incognite.

Ma che cosa s’intende esattamente quando si parla di incognita in matematica? Quasi sempre questo termine è legato al concetto di equazione. Nell’immaginario comune, il termine “equazione” è spesso associato a qualcosa di intricato, imperscrutabile e per questo attraente. Non dobbiamo quindi stupirci se alcuni artisti hanno usato la parola “equazione” in alcuni testi di canzoni, come “Myriad” del gruppo americano dei Kansas, o “Common Denominator” del cantautore canadese Justin Bieber, amatissimo dalle adolescenti di tutto il mondo.

In realtà, l’idea di equazione è di per sé piuttosto semplice. Vi ricordate quelle vecchie bilance a due piatti che venivano usate dagli orafi? Ecco, un’equazione assomiglia molto a un strumento di questo genere: sui due piatti vengono messe due espressioni contenenti un’incognita (per esempio la x) e si deve trovare il valore che, attribuito all’incognita, rende uguali le due espressioni: quel valore, cioè, che mantiene la bilancia in equilibrio.

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