sabato 22 agosto 2020

La matematica di Gianni Rodari #12: Ancora geometria


Nelle già citate "Filastrocche in cielo e in terra" si trova la poesia "Il mercante di diametri", con la quale restiamo anche questa settimana in ambito geometrico:

Un cerchio ragionò:
Con tanti diametri che ho,
perché non ne vendo un po’?
Così si fece mercante
e andava per i mercati
a vendere diametri sigillati.
A chi ne comprava tre
dava in omaggio
un raggio.
Tutto questo succedeva
in un paese nebbioso,
dove anche un raggio di cerchio
sembra tanto luminoso.

In un articolo pubblicato l'anno scorso su Repubblica, Sandra Lucente afferma giustamente che questa poesia "starebbe bene tanto per introdurre una conferenza di matematica sull'ipotesi del continuo quanto una lezione di astrofisica sulla curvatura dei raggi di luce".
In effetti, l'idea dalla quale parte Rodari è l'infinità dei diametri di un cerchio: questione apparentemente scontata, ma sulla quale vale invece la pena di soffermarsi almeno un attimo.

Euclide in una statua posta
presso l'Università di Oxford.
Secondo Euclide, il punto, ente fondamentale della geometria, è "ciò che non ha parti". La concezione del punto privo di dimensione è molto più avanzata di quella pitagorica, che vedeva nel punto un elemento granulare dotato di misura, per quanto piccola. Per i pitagorici ogni segmento era formato da un numero finito di punti messi in fila: la misura del punto era quindi un divisore comune a tutti i segmenti possibili, cioè tutti i segmenti erano tra di loro commensurabili.

Quando i pitagorici, con loro sommo orrore, scoprirono invece che esistono segmenti tra di loro incommensurabili (per esempio il lato e la diagonale del quadrato), si resero conto che la loro visione granulare del punto geometrico non poteva stare in piedi. Fu in quel momento di drammatica crisi della matematica antica che prese piede la concezione euclidea del punto senza misura e senza parti.
Quanti punti di questo tipo possono stare in un segmento? Infiniti, ovviamente. Ma Euclide si guardò bene dall'usare lo scivoloso concetto dell'infinito: per lui alla domanda precedente si rispondeva (in modo equivalente) affermando che tra due punti qualunque di una retta si può sempre inserire almeno un punto intermedio.
Da qui a stabilire che su una circonferenza ci sono infiniti punti il passo è abbastanza breve.
La circonferenza goniometrica


D'altra parte, se pensiamo in termini "goniometrici", ogni punto della circonferenza può essere messo in corrispondenza biunivoca con l'intervallo dei numeri reali compresi tra 0 e 2π. 
Ogni punto P sulla circonferenza, infatti, corrisponde a un angolo θ 
che, misurato in radianti, può valere da zero (quando P coincide con A) fino a 2π (passando per B, C, D e tornando ad A dopo un giro completo).
Ora, dato che 0 è minore di 2π, l'intervallo reale [0, 2π] contiene una quantità di numeri che non solo è infinita, ma addirittura non può nemmeno essere messa in corrispondenza biunivoca con i numeri naturali. In altre parole, non possiamo metterci a elencare tutti i numeri da 0 a 2π uno per uno, proprio per il fatto che tra uno e l'altro potremmo sempre infilarcene un altro ancora, e questo processo non avrebbe mai fine.
Georg Cantor definì come "continuo" e indicò con c questo livello di infinito superiore a quello dei numeri naturali. Se i punti sulla circonferenza sono infiniti (e che infinito!), è evidente che lo sono anche i suoi diametri. Ed ecco il cerchio di Rodari che, divenuto commerciante, decide di venderli.
Tanto, come mostrò lo stesso Cantor, togliendo a un numero finito si ottiene ancora c.
Un affarone, non c'è che dire, per il furbo cerchio!

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