Gianni Rodari (1920-1980) |
Conway è stato anche un gigante della matematica ricreativa e inventore di numerosi geniali giochi matematici.
Che Conway vanti molte citazioni su articoli specialistici di matematica o in saggi scientifici divulgativi, non sorprende nessuno.
Credo tuttavia che una citazione risulti, per molte persone, sconosciuta e anche piuttosto sorprendente: il nome di Conway compare nientemeno che nel celebre saggio di Gianni Rodari "Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie" (Einaudi, 1973).
Il riferimento all'accademico inglese è contenuto in una delle diciassette brevi "schede" che Rodari mise in fondo al volume, a integrazione dei quarantaquattro capitoli dell'opera.
Perché questa citazione?
Parto da un dato di fatto: Rodari era un grande appassionato di scienza, come traspare dalla sua opera letteraria, e leggeva regolarmente riviste come "Le Scienze".
Qualche anno fa un ottimo giornalista scientifico come Pietro Greco ha esplorato le incursioni rodariane nel mondo della scienza in un libro intitolato "L'universo a dondolo. La scienza nell'opera di Gianni Rodari" (Springer, 2011). Greco ha osservato che Rodari studiava "con sistematicità il rapporto complesso e bidirezionale tra scienza e fantasia. Nella convinzione che non solo la scienza serve alla fantasia, ma che la fantasia serve alla scienza".
La "Grammatica della fantasia", capolavoro di Rodari |
Nel capitolo 37 della "Grammatica", intitolato significativamente "La matematica delle storie", Rodari si occupa proprio di mostrare come le strutture logico-matematiche ricorrono frequentemente nelle trame delle storie.
La scheda "Le storie della matematica" si apre con una di quelle frasi che da sole aprono alla mente sconfinati universi:
Accanto a una "matematica delle storie" (vedi cap. 37) ci sono anche delle "storie della matematica".
Ecco, Rodari suggerisce ora di capovolgere il punto di vista e di cercare non più la matematica nelle narrazioni, ma le narrazioni all'interno della matematica. Più in generale, come osserva Greco, "la fantasia serve alla scienza".
È una riflessione acuta e modernissima, questa di Rodari.
Fondamentale per chi, come me, fa il divulgatore e il docente, e deve ideare forme e modalità adatte per veicolare argomenti e concetti che spesso sono oggettivamente difficili per la gran parte del pubblico. Saper trasformare in narrazione ciò che solitamente viene pensato in una forma totalmente diversa, astratta e formale, può rappresentare un'arma vincente, uno strumento comunicativo di enorme efficacia.
In classe io l'ho constatato molte volte: quando riesco a proporre un argomento matematico sotto forma di storia, ottengo sempre risultati apprezzabili, a volte ottimi. La narrazione attiva nella mente di chi ascolta meccanismi emotivi che innalzano di molto l'attenzione e l'interesse.
Ecco allora che, anziché introdurre i numeri irrazionali con un approccio formale, lo si può fare raccontando la vicenda dei pitagorici alle prese con la scoperta dell'incommensurabilità tra le lunghezze del lato e della diagonale del quadrato. Invece di spiegare il calcolo combinatorio attraverso le definizioni tradizionali, si può partire dalla copertina di "Help!" dei Beatles, come ho fatto in "Matematica rock". E così via.
Ma naturalmente Rodari non si riferiva soltanto a un atteggiamento "narrativo" della trasmissione della scienza. Intendeva, più in generale, che la scienza e la matematica possono racchiudere, al loro interno, germi di storie: che questi vengano portati in superficie e sfruttati da insegnanti e divulgatori, è un'altra questione.
Si tratta, in fin dei conti, della stessa tesi che è stata sviluppata nel bellissimo "Matematica come narrazione" di Gabriele Lolli (Il Mulino, 2018), in cui si mostra come (cito dal risvolto di copertina) "nei programmi di grandi matematici i concetti sono i protagonisti di una fiaba che combina nuove idee in moduli ricorrenti, quelle tecniche del ragionamento che sono nate dalla retorica e dalla poesia greca".
L'autore delle "Favole al telefono" ha insistito più volte sulla bidirezionalità storie-fantasia, declinandola spesso in chiave matematica: per esempio, nel capitolo 44 della "Grammatica", troviamo una delle sue frasi più famose:
Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe.
John H. Conway (1937-2020) |
Chi segue la rubrica Giochi matematici di Martin Gardner nella rivista "Scienze" (edizione italiana dello "Scientific American") mi ha già capito. I "giochi" che i matematici inventano per esplorare i loro territori, o scoprirne di nuovi, assumono spesso la caratteristica di "fictions" che stanno a un passo dall'invenzione narrativa. Ecco per esempio il gioco denominato "Vita", creato da John Norton Conway, un matematico di Cambridge ("Scienze", maggio 1971).
Come lettore de "Le Scienze", il grande scrittore di Omegna apprezzava in particolare la rubrica "Giochi matematici", curata dal 1957 al 1980 (e anche successivamente, ma in modo non regolare) dal grande Martin Gardner. Se Rodari non fosse scomparso nel 1980, ancora cinquantanovenne, avrebbe sicuramente trovato illuminanti anche i "Metamagical Themas" (1981-1983) di Douglas Hofstadter e le "Computer/Mathematical recreations" di Alexander Dewdney (1984-1991).
La copertina del "Scientific American " di ottobre 1970 |
Il "Game of Life" creato da Conway è il più celebre degli automi cellulari: la semplicità delle sue regole, combinata alla meravigliosa complessità delle strutture che riesce a generare, lo rendono uno degli esempi più stupefacenti di bellezza matematica.
In questo vecchio post avevo brevemente parlato di alcune delle sue proprietà.
Che cosa c'entrano le storie con il gioco di Conway? Lo stesso Rodari lo chiarisce benissimo subito dopo:
Esso consiste nel simulare sul calcolatore la nascita, la trasformazione e il declino di una società di organismi viventi. In questo gioco le configurazioni inizialmente asimmetriche tendono a diventare simmetriche. Il professor Conway le chiama: "l'alveare", "il semaforo", "lo stagno", "il serpente", "la chiatta", "la barca", "l'aliante", "l'orologio", "il rospo", ecc. Egli assicura che esse costituiscono "un meraviglioso spettacolo da osservare sullo schermo del calcolatore": uno spettacolo in cui, in fin dei conti, l'immaginazione contempla se stessa e le proprie strutture.
Io me lo immagino, il grande Rodari, a casa sua, nel maggio del 1971, intento a leggere l'articolo di Gardner e fantasticare sui pattern del "Game of Life". Chissà se per un attimo ha anche pensato di ambientare uno dei suoi racconti nel meraviglioso automa cellulare di Conway, facendo muovere rospi, barche, semafori e alianti in una delle sue storie geniali.
Quest'anno si celebra il centenario della nascita di Gianni Rodari. Lo scorso 14 aprile è stato il quarantennale della sua morte.
Ho deciso di offrire un piccolo contributo alla memoria di questo nostro grande autore pubblicando, con cadenza all'incirca settimanale (l'idea è di uscire ogni venerdì), un post dedicato alla "Matematica di Gianni Rodari". Questo è il primo.
L'ultimo coinciderà con il giorno del centenario, il 23 ottobre.
Spero che vi piaceranno.
Nessun commento:
Posta un commento