mercoledì 26 settembre 2012

Pitagora e la scoperta della musica

In un mio vecchio post senza parole, intitolato semplicemente "Pitagora", Antonella Ruggiero suona un curioso strumento ispirato al celebre "monocordo" del filosofo di Samo. Questo strumento fu inventato e utilizzato da Pitagora per i suoi studi di teoria musicale. Come il suo stesso nome suggerisce, era composto da una sola corda, tesa tra due ponticelli sopra una cassa armonica; sotto la corda un terzo ponticello intermedio e mobile consentiva di dividere la corda stessa a piacere, dando origine a suoni diversi. Pitagora fu il primo a fondare lo studio della musica su basi matematiche.

Dalle sue sperimentazioni sul monocordo capì che una corda messa in vibrazione produce un suono la cui “altezza” percepita dall’orecchio umano è in stretta relazione con la lunghezza della corda stessa.
Certo, Pitagora non poteva arrivare a concepire il legame tra l’altezza di un suono e la frequenza dell’onda sonora associata; più semplicemente si accorse che più la corda è lunga, più la nota prodotta viene avvertita come “bassa” o “grave”; al contrario una corda più corta produce una nota che viene riconosciuta come più “alta” o “acuta”.
Ma il grande matematico greco non si fermò a questa elementare considerazione. Ebbe infatti l’idea di associare ogni nota ad un numero, precisamente l’inverso della lunghezza della corda responsabile della generazione del suono stesso. Ad esempio, associò al numero 1 la nota prodotta da una corda lunga 1 metro, e al numero 2 la nota prodotta da una corda lunga mezzo metro.
Grazie a questo utilizzo dell’inverso della lunghezza, note più acute risultano associate a numeri più grandi, in modo da conciliare l'altezza della nota con l’altezza del numero che la rappresenta.
Inoltre, adoperando questo metodo, ogni nota risulta contraddistinta da un numero che è di fatto proporzionale alla propria frequenza.


Una volta ideato questo sistema di numerazione dei suoni, Pitagora considerò diverse “coppie” di note (che a questo punto potevano essere tradotte in coppie di numeri), e scoprì che le note che “stanno bene insieme” sono legate tra di loro da un rapporto numerico semplice.  Ad esempio, se facciamo vibrare una corda che produce una nota legata al numero 1, e poi un’altra corda che genera un suono associato al numero 2 (in questo caso, quindi, la prima corda è lunga il doppio della seconda), otteniamo due suoni che l’orecchio umano, istintivamente, classifica come “simili”, o addirittura “uguali”. Questo intervallo musicale è quello che noi chiamiamo "ottava" (il motivo di questo nome diventerà chiaro più avanti). Le due note suonano all'orecchio così "uguali" che nella tradizione musicale vengono chiamate con lo stesso nome: ad esempio due do.
Quando non sono impegnato con il lavoro o con le mie corbellerie divulgative, mi onoro di far parte di un pregevole coro, alle cui performance contribuisco con una mediocre voce di basso. Ebbene, i brani che cantiamo prevedono, nella maggior parte dei casi, quattro voci, che corrispondono ai quattro registri di soprano, contralto, tenore e basso; normalmente le quattro parti portano avanti altrettante linee melodiche indipendenti, che però si intrecciano reciprocamente generando un contrappunto che fa del coro un vero gruppo polifonico. In alcuni casi, però, ad esempio quando cantiamo brani della tradizione gregoriana, le voci sono soltanto due: soprani e contralti cantano all'unisono, mentre tenori e bassi cantano esattamente la stessa melodia ma traslata in basso di un'ottava. Questo è un esempio di canto corale monodico, in cui se due note vengono "suonate" insieme, si tratta di due note separate tra loro da un rapporto numerico pari a 2:1. In altre parole, se volessimo riprodurre con una corda la nota intonata da soprani e contralti (quella all'ottava superiore, insomma), servirebbe una corda lunga esattamente la metà di quella necessaria per imitare la nota cantata dai  bassi e dai tenori.
Il rapporto numerico semplice tra le lunghezze delle corde si riflette (anche se Pitagora questo non lo sapeva) nel rapporto tra le frequenze dei suoni fondamentali: se, ad esempio, le donne del coro intonano un la centrale (quello del diapason, per intenderci), pari a una frequenza di 440 hertz, gli uomini del coro rispondono con un la all'ottava sotto, pari a una frequenza di 220 hertz.
Un altro intervallo di note che "suonano bene insieme", notò Pitagora, è quello associato al rapporto 3:2: in questo caso non avvertiamo quel senso di "uguaglianza" di note, ma universalmente la combinazione sonora è percepita come gradevole, armoniosa, o, come dicono i musicisti, "consonante".
Partendo dalla nota associata al numero 1, quindi, invece di passare alla nota legata al numero 2 (cioè prodotta da una corda lunga la metà), passiamo a una nota legata al numero 3:2 = 1,5 (quindi prodotta da una corda lunga due terzi rispetto alla prima).
Così come l'intervallo collegato al rapporto 2:1 viene chiamato dai musicisti "ottava", quello connesso al rapporto 3:2 è detto "quinta" (ancora una volta, non preoccupiamoci del motivo: apparirà chiaro più avanti).
Sulla base di questa semplice matematica, possiamo ripercorrere il metodo attraverso il quale Pitagora costruì la prima scala musicale (per la verità, prima di lui furono matematici cinesi a inventare il procedimento, ma la tradizione occidentale attribuisce la scoperta al filosofo di Samo).

Partendo da una nota convenzionalmente associata al numero 1, saltiamo avanti di una ottava, arrivando alla nota contraddistinta dal numero 2:1 = 2. Le due note così ottenute, come abbiamo visto, suonano come "la stessa nota". E' quindi naturale assegnare loro lo stesso nome, ad esempio "do", ma abbiamo anche la necessità di distinguerle in qualche modo: utilizziamo per questo motivo la convenzione di chiamare "do1" la nota iniziale, più bassa, e "do2" la seconda, all'ottava superiore.

Se facciamo altri salti di un'ottava, raddoppiando ad ogni salto il numero della nota, otteniamo via via altri do: il do3, associato al numero 4, il do4, associato al numero 8, il do5, associato al numero 16, e così via. Partendo sempre dal do1 e tornando indietro di un'ottava, otteniamo invece il do0, il cui numero associato è 1:2 = 0,5.


do0
do1
do2
do3
do4
do5
1:2 = 0,5
1
2:1 = 2
2 * 2:1 = 4
4* 2:1 = 8
8 * 2:1 = 16



In questo modo, i pedici aggiunti ai nomi delle note servono ad indicare l'ottava di appartenenza della nota stessa.   Il nostro obiettivo, però, è quello di concentrarci su una sola delle ottave, ad esempio quella contenente le note associate a numeri compresi tra 1 e 2, e determinare l'altezza numerica di queste singole note: vogliamo, in altre parole, costruire una semplice scala musicale che copre l'ottava compresa tra il do1 e il do2. Ripartiamo allora dal do1, e andiamo avanti di una quinta, ottenendo una nota legata al numero 3:2 = 1,5. Essendo questo numero compreso tra 1 e 2, deduciamo che questa nota è compresa tra il do1 e il do2, (com'è ovvio che sia, dato che l'intervallo di quinta è più piccolo di quello di ottava), e la chiamiamo "sol1".
Partendo sempre dal do1, ma andando indietro di una quinta, costruiamo una nota che risulta associata al rapporto 2:3 = 0,666.  In questo caso ci troviamo sopra il numero 0,5 associato al do0, per cui battezzeremo la nota ottenuta come "fa0". Sappiamo però che la nostra meta è riempire l'ottava compresa tra il do1 e il do2, mentre questo fa0 si trova fuori di tale intervallo. Niente paura: basta avanzare di una ottava, cioè raddoppiare il rapporto 2:3, ottenendo 4:3. Ecco a voi il "fa1", corrispondente al numero 4:3 = 1,333.
Dato che con tutte queste note rischiamo di perderci, aggiorniamo la situazione con un nuovo schema, questa volta limitato all'ottava compresa tra il do1 e il do2.

do1
fa1
sol1
do2
1
4:3 = 1,333
3:2 = 1,5
2:1 = 2



Ho volutamente lasciato degli spazi tra una nota e l'altra, perché ancora non sappiamo quali altre note riusciremo a costruire grazie al metodo pitagorico e quali spazi ancora vuoti della scala andranno a riempire.  Ripartendo dal sol1, proseguiamo avanti sempre considerando intervalli di quinta: la prima volta raggiungiamo la nota corrispondente al numero (3:2) * (3:2) = 9:4 = 2,25, che si trova fuori dalla nostra ottava di riferimento. Abbiamo quindi bisogno di abbassarci di un'ottava, dividendo per 2: abbiamo così creato la nota associata al numero 9:8 = 1,125, che chiameremo "re1".
Salendo ancora di una quinta, giungiamo al suono legato al numero (9:8) * (3:2) = 27:16 = 1,6875, che si trova nel nostro intervallo: questa nota la chiameremo "la1".
Da questa nota si arriva, con un altro salto di quinta, al numero (27:16) * (3:2) = 81:32 = 2,53125, che è sopra il do2, e quindi necessita di un abbassamento di ottava. Così facendo, cioè dimezzando il numero, otteniamo 81:64 = 1,265625, e diamo il nome "mi1" alla nota che abbiamo generato.
L'ultimo passo ci serve per arrivare alla nota contraddistinta dal numero (81:64) * (3:2) = 243:128 = 1,8984375, che appartiene ancora all'ottava considerata e che chiameremo "si1".
Non ci resta che mettere in ordine le note che abbiamo costruito grazie a questo procedimento. Ciò che otteniamo è la scala pitagorica:

do1
re1
mi1
fa1
sol1
la1
si1
do2
1
9:8 = 1,125
81:64 = 1,266
4:3 = 1,333
3:2 = 1,5
27:16 = 1,687
243:128 = 1,898
2:1 = 2




Il risultato al quale giunse Pitagora è molto elegante dal punto di vista matematico. Per prima cosa, procedendo per intervalli di quinta (eventualmente corretti per ottava), abbiamo ottenuto una scala formata da note che vanno dal do1 al do2: precisamente sette note (senza considerare la ripetizione del do).
Il fatto che le note siano sette, più l'ottava che è uguale alla nota di partenza, ci chiarisce finalmente il motivo del termine "ottava", che avevamo dato per scontato all'inizio.
Anche la parola "quinta" diventa ora ovvia: si tratta di un intervallo che spazia tra cinque note della scala.

Inoltre, e qui sta il bello, le note della scala che abbiamo costruito risultano disposte in modo piuttosto uniforme; in altre parole gli intervalli tra due note consecutive sono di soli due tipi:
1) un intervallo detto tono, corrispondente a 9:8 = 1,125, esistente tra il do e il re (infatti (9:8)/1 = 9:8), tra il re e il mi (infatti (81:64)/(9:8) = 9:8), tra il fa e il sol (infatti (3:2)/(4:3) = 9:8), tra il sol e il la (infatti (27:16)/(3:2) = 9:8) e tra il la e il si (infatti (243:128)/(27:16) = 9:8);
2) un intervallo detto limma, corrispondente a 256:243 ≈ 1,053, esistente tra il mi e il fa (infatti (4:3)/(81:64) = 256:243) e tra il si e il do (infatti 2/(243:128) = 256:243).

Il fatto negativo è che questi due diversi intervalli non sono imparentati l'uno con l'altro. Sicuramente Pitagora sarebbe stato molto felice se avesse potuto constatare che la limma era esattamente la metà del tono: ma così purtroppo non è.
La limma risulta uguale a circa il 44,25% del tono: insomma, non c'è una relazione semplice tra le due quantità. Ne consegue che l'ottava non può essere divisa in parti proporzionali (per evitare di dover modificare l'intonazione delle singole note al cambiare della tonalità), e questo costituisce il più grave difetto della scala pitagorica appena costruita. Nelle prossime puntate di questa nuova serie di post, vedremo come questo problema fu affrontato e infine risolto.

lunedì 24 settembre 2012

Feynman a fumetti


Se il fumetto è, per così dire, un mezzo anticonvenzionale per fare divulgazione scientifica, non si poteva scegliere una figura di scienziato più appropriata per una graphic novel: Richard Feynman non era soltanto un fisico geniale e di primo livello (fu insignito del Nobel all'età di 47 anni), ma anche un uomo singolare, divertente e brillante, pieno di interessi extra-scientifici e amatissimo dal pubblico.

Come ricorda il retro di copertina, Feynman era scassinatore di casseforti, avventuriero, musicista (suonava il bongo), raccontastorie di prima categoria e un vero spasso alle feste. Quando una rivista l'aveva definito come l'uomo più intelligente del mondo, sua madre affermò: "Se questo è l'uomo più intelligente del mondo, che Dio ci aiuti".


Pochi giorni fa un carissimo amico mi ha regalato per il mio compleanno questo delizioso libro, realizzato da Jim Ottaviani e Leland Myrick per Bao Publishing.  Sfogliando le sue pagine, la tentazione di scrivere due righe su quest'opera si è fatta subito irresistibile, nonostante Feynman non fosse né un matematico né un informatico: ma non possiamo dimenticare che le connessioni tra questa grande mente del Novecento e la computer science sono numerose e fondamentali.
L'attuale ricerca sui computer quantistici, di cui ho tentato di tracciare una sintetica introduzione nei miei quattro post "Mr. Q" (prima, seconda, terza e quarta parte), prese le mosse nel 1982 da una geniale idea di Feynman.
La brillante biografia di Ottaviani e Myrick non approfondisce questo aspetto dell'opera del fisico americano, ma svela altre incursioni di Feynman nel mondo dell'informatica: dai suoi contributi allo studio dei computer paralleli, alle ricerche sulla teoria dell'informazione digitale e alle nanotecnologie.

Due parole sugli autori di questo libro: Jim Ottaviani è ingegnere, bibliotecario e programmatore, e ha al suo attivo molte altre storie a fumetti sulla storia della scienza; Leland Myrick è un pluripremiato autore e illustratore di graphic novel.
Il romanzo grafico che hanno realizzato racconta la vita di Feynman dalla sua partecipazione al Progetto Manhattan fino alla sua consulenza per individuare, nel 1986, le cause del disastro dello Shuttle Challenger, passando attraverso gli studi, gli amori, la brillante carriera accademica e scientifica, gli incontri con altri grandi scienziati, lo sviluppo dei diagrammi e degli integrali di cammino che portano il suo nome, le ricerche sull'elettrodinamica quantistica che gli valsero il Nobel, le sue brillanti conferenze, l'interesse per la biologia.

La narrazione è appassionante, chiara, divertente, ma non rinuncia al rigore e si addentra con successo in taluni dettagli molto tecnici delle teorie di Feynman: ma senza mai annoiare e senza fare impazzire il lettore.  Leggetelo: libri come questo sono eccellenti esempi di divulgazione scientifica.

sabato 15 settembre 2012

Carnevale della Matematica #53 sui Rudi Mathematici

E' ormai universalmente noto che il Carnevale della Matematica è un avvenimento di grande importanza che ogni mese ci riserva piacevoli sorprese. Ma quando a organizzarlo sono gli insigni Rudi Mathematici, bè, allora si può stare tranquilli che qualcosa di straordinario riescono ad architettarti, così da rendere l'appuntamento ancora più solluccheroso.
Per questa edizione numero 53, i Rudi si sono inventati una genialata che ha fatto divertire tutti i partecipanti e i visitatori del Carnevale: hanno piazzato, in corrispondenza dei contributi del mese, delle presunte foto degli autori, avanzando però alcuni dubbi di autenticità delle stesse. Nel mio caso, ad esempio, la foto mi ritrae alla guida di un giallo bolide da rally. Immagine vera o apocrifa? Non se ne parla: vi lascerò il dubbio.
Molti e grandi complimenti ai sommi Rudi Mathematici, e a tutti i contributori.
L'appuntamento è al mese di ottobre, per il quale, credo, non si è ancora fatto avanti un organizzatore: suvvia, fatevi avanti, ospitare il Carnevale è un'esperienza divertentissima e memorabile!

domenica 9 settembre 2012

Il teorema della palla pelosa

Ogni tanto capita. Ti alzi dal letto con la sensazione di esserti trasformato non in un enorme insetto immondo, come il povero Gregorio Samsa, ma in una specie di porcospino, o in un gatto dal pelo arruffato appena uscito da un selvaggio duello con un altro gatto.
Ti guardi allo specchio e hai conferma del tuo presentimento: i capelli non vogliono saperne di stare al loro posto, e assomigli più a Barbabarba che a te stesso.
In questi difficili momenti non ti abbattere più del dovuto, e pensa che la matematica può esserti di conforto. In particolare, esiste un teorema che stabilisce l'impossibilità di pettinare perfettamente una sfera: il cosiddetto "teorema della palla pelosa", dimostrato nel 1912 dal matematico olandese Luitzen Egbertus Jan Brouwer (che, ironicamente, almeno stando alle fotografie che si trovano in rete, era parecchio stempiato).

Brouwer è passato alla storia della matematica per avere dimostrato due importanti teoremi (oltre a questo della palla pelosa, il famoso teorema del punto fisso), ma anche alla storia della filosofia matematica per essere stato il vero iniziatore della scuola matematica intuizionistica (secondo la quale la matematica è essenzialmente un insieme di costruzioni mentali).
Tornando al teorema della palla pelosa, una sua enunciazione più rigorosa afferma che, data una ipersfera S a n dimensioni (con n pari oppure uguale a 3), e un campo vettoriale f che associa ad un ogni punto P della ipersfera un vettore n-dimensionale f(P) tangente alla ipersfera stessa nel punto P, esiste almeno un punto Q della ipersfera in cui f(Q) = 0.
Se la ipersfera, per semplicità, viene ridotta ad una innocua sfera a 3 dimensioni, e i vettori tangenti f(P) vengono considerati i "capelli" spuntati sulla superficie della sfera, il teorema dice che ci sarà almeno un punto della sfera privo di capelli, oppure con un capello ritto e sparato in aria.

Per la verità, il teorema non è rigorosamente applicabile al caso della pettinatura dei capelli, perché la nostra testa non è una sfera completamente capelluta (anche se in alcuni casi ci si avvicina a tale condizione): se tuttavia vogliamo stiracchiare il fondamentale risultato di Brouwer, ed applicarlo al lavoro del parrucchiere, il concetto è che non si può pettinare una testa senza creare da qualche parte una chierica o un ciuffo ribelle.
A differenza della sfera, il toro, cioè una superficie a forma di ciambella, è invece perfettamente pettinabile.

Il teorema ha una suggestiva applicazione in meteorologia: se approssimiamo la superficie terrestre a una sfera, e consideriamo la circolazione atmosferica con una funzione che assegna a ogni punto della superficie terrestre il vettore, tangente alla superficie stessa, che indica la direzione del vento, il teorema afferma che esiste almeno un punto della Terra in cui non c'è vento.
Questi punti sono gli "occhi" dei cicloni.  In pratica il teorema della palla pelosa applicato alla superficie terrestre ci assicura che in qualche parte del mondo c'è sempre un ciclone in azione (o un anticiclone).
Per la verità, questa conclusione parte dal presupposto di trascurare la componente verticale del "vettore vento", e di considerare solo quella tangente alla superficie: approssimazione accettabile, dato che il diametro terrestre è molto maggiore dello spessore dell'atmosfera.

Il teorema di Brouwer è stato applicato con successo anche ad altri ambiti, come la scienza dei materiali: nel 2007 lo scienziato italiano Francesco Stellacci si è servito del teorema della palla pelosa per ottenere una particolare struttura formata da una catena di nanoparticelle, utilizzabile come speciali nano-fili in dispositivi elettronici.

sabato 1 settembre 2012

Parole informatiche: implementare

Chi, come il sottoscritto, ha fatto studi informatici e lavora ogni giorno in questo campo trova naturale pensare al termine "implementare" come a un sinonimo di "applicare", "realizzare", "attuare", "mettere in pratica", naturalmente utilizzato in un contesto informatico.
Hanno quindi un senso e sono corrette frasi del tipo "ho implementato in Java l'algoritmo di Dijkstra", oppure "in un linguaggio di programmazione orientato agli oggetti, una certa classe implementa una certa interfaccia", o ancora "la nostra applicazione implementa le funzionalità richieste dal cliente".
La parola "implementare", di origine inglese, si è adattata molto bene alla nostra lingua, molto più di altri anglismi la cui italianizzazione suona come innaturale e forzata: credo che il segreto del suo successo derivi dal fatto che il verbo inglese to implement deriva dal sostantivo implement (attrezzo, utensile), che a sua volta discende dal verbo latino implěo (realizzare, compiere).
La radice latina ha probabilmente reso più familiare e digeribile questa parola, che infatti si sente ormai sulla bocca di tutti, non soltanto nell'ambito informatico o elettronico, ma anche nel linguaggio giuridico e politico ("implementare un accordo, un contratto").
Purtroppo, però, mi capita sempre più spesso di sentire adoperare il termine "implementare" in un'accezione errata, e cioè nel senso di "aggiungere nuove funzionalità", "aumentare", "incrementare", e così via.
Ho pensato che questo equivoco possa derivare dalla vaga somiglianza tra "implementare" e "amplificare", o forse dall'assonanza con la parola "riempire". Chissà.
In ogni caso questo utilizzo del verbo è improprio, e alle orecchie delicate di un informatico può a volte suonare davvero sgradevole...

giovedì 30 agosto 2012

Carnevale dei Libri di Scienza #11

E' davvero un peccato che l'edizione di agosto del  Carnevale dei Libri di Scienza abbia avuto soltanto tre partecipanti: oltre a Popinga (che ha ospitato il Carnevale) e Mr. Palomar (tornato dopo una doppia assenza), il blog Knedliky di Palmiro P. Zavorka.
Nonostante questa adesione, diciamo così, non esattamente oceanica, Popinga si è dimostrato come sempre un ottimo maestro di cerimonie, scomodando per l'occasione persino i Blues Brothers per scusarsi simpaticamente della brevità del Carnevale.

Il tema scelto da Popinga era davvero succulento: il cosmo e l'avventura spaziale. E la recente scomparsa di Neil Armstrong, grande eroe dell'umanità, ha reso l'appuntamento ancora più significativo. In questi torridi giorni d'estate, il Carnevale "cosmico" di Popinga fa volare la mente a quella magica notte del 20 luglio 1969 in cui un piccolo passo diventò un balzo gigantesco.

L'edizione del prossimo mese sarà ospitata dal blog Scienza.alfa di Jacopo Pasotti, con il tema "Biografie di scienziati". Buona lettura e buon carnevale a tutti!

mercoledì 22 agosto 2012

Mr. Palomar a Radio3 Scienza: il podcast

Per chi desiderasse ascoltare il mio intervento di stamattina in diretta alla trasmissione Radio3 Scienza su Rai Radio3, ecco il link al podcast:

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/puntata/ContentItem-9e1345e0-0400-49a0-a276-246ce126f392.html

La trasmissione è stata dedicata agli aspetti scientifici ravvisabili nell'opera del grande compositore Claude Debussy, nel centocinquantesimo anniversario dalla nascita.

Colgo l'occasione per ringraziare di cuore la redazione di Radio3 Scienza, e in particolare Silvia Bencivelli, per avermi voluto offrire questa fantastica opportunità.


lunedì 20 agosto 2012

Mr. Palomar a Radio3 Scienza!

Con gioiosa emozione, vi comunico che mercoledì prossimo 22 agosto, alle ore 11, sarò ospite della importante trasmissione di divulgazione scientifica Radio3 Scienza, su Rai Radio3.
Mercoledì si celebra il centocinquantesimo anniversario dalla nascita del grande compositore francese Claude Debussy, e Radio3 dedica l'intera programmazione giornaliera alla ricorrenza.
Radio3 Scienza non fa eccezione: per coniugare musica e scienza interverrò parlando di scale esatonali, musica gamelan, numeri di Finonacci e sezione aurea.
Colgo l'occasione per ringraziare la redazione della trasmissione per la fiducia accordatami.
Vi ricordo che le trasmissioni di Radio3 Scienza sono anche disponibili in podcast sul sito di Radio3.
Mi raccomando: non mancate all'appuntamento di mercoledì!

venerdì 17 agosto 2012

Celesti algoritmi

Se conoscete un astrofilo (cioè un appassionato di astronomia) che abbia un po' di competenza e di interesse per la programmazione, provate a chiedergli se conosce il libro "Astronomical algorithms" di Jean Meeus. La risposta sarà molto probabilmente affermativa.
Chi si è cimentato nello sviluppo di programmi di calcolo astronomico (dal banale calcolo del giorno della Pasqua, del quale ho detto qualcosa in un mio vecchio post, alla determinazione del giorno giuliano, dal calcolo delle posizioni del Sole, dei pianeti e dei satelliti di Giove a quello delle fasi lunari, dalle trasformazioni di coordinate alle formule per levate, tramonti, equinozi, solstizi, e chi più ne ha più ne metta) prima o poi si sarà imbattuto in questa autorevolissima e amatissima "bibbia", alla quale sono molto affezionato.
Jean Meeus è un insigne astronomo belga, specializzato in meccanica celeste; per ben 40 anni ha lavorato come meteorologo all'aeroporto di Bruxelles.  Grazie ai suoi importanti studi astronomici, un asteroide (il 2213 Meeus) è stato legato al suo nome (oddio, non è che tutti i personaggi che hanno un asteroide col proprio nome siano necessariamente meritevoli di questo onore...)
Tornando a "Astronomical algorithms", lo consiglio vivamente a tutti coloro che desiderino provare a scrivere software astronomico. Il libro di Meeus non si addentra in complicate spiegazioni teoriche, ma fornisce tutte le formule necessarie, con la massima precisione possibile.
E' garantito: in questo particolare ambito non esiste un libro migliore del Meeus.

martedì 14 agosto 2012

Carnevale della Matematica #52

Benvenuti al Carnevale della Matematica numero 52, il primo ospitato da Mr. Palomar.
Per una strana coincidenza, questo è anche il centesimo post che esce su questo blog, per cui mi riesce difficile trattenermi dal formulare l'augurio autoreferenziale: "Cento di questi post!"

Per questo Carnevale ferragostano ho scelto il tema "connessioni, nessi, legami, collegamenti, relazioni...".
Nei call for papers inviati nelle settimane scorse, ho raccomandato di interpretare il tema con la massima libertà e lasciando libero sfogo alla fantasia: di legami e connessioni interne alla matematica ce n'è infatti fin che si vuole, così come è pieno il mondo di collegamenti tra la matematica e altri ambiti.

Per rappresentare il tema scelto anche attraverso l'immagine, ho pensato di impreziosire il post carnevalizio con alcune pregevoli opere dell'artista slovena Teja Krasek, internazionalmente nota per la sua ricerca di connessioni (appunto) tra matematica e arte.  In un mio articolo dello scorso dicembre avevo riportato alcune impressioni del noto divulgatore Clifford Pickover sui lavori di Teja Krasek; qualche giorno dopo, con mia grande sorpresa, ho trovato tra le e-mail ricevute un graditissimo messaggio di ringraziamento da parte della stessa artista. Ringrazio di cuore Teja per avermi gentilmente autorizzato a utilizzare alcune sue opere per questo Carnevale.
Se volete vedere altri lavori di questa singolare artista, ecco alcuni link:
http://teja.artistswanted.org/teja-s-artworks
http://twitpic.com/photos/tejaKrasek
http://www.youtube.com/user/tejaK/videos

Com'è tradizione, introduco il post carnascialesco con qualche curiosità sul numero dell'edizione. Il 52 si fattorizza come 22 x 13, e i suoi divisori sono 1, 2, 4, 13, 26, oltre che naturalmente lo stesso 52.
Sommando i divisori propri si ottiene  1+2+4+13+26 = 46, che è minore dello stesso 52: per questo il nostro numero è considerato difettivo.
Inoltre 52 è somma di due quadrati: 52 = 42 + 62.
Prendendo un insieme formato da 6 elementi, vi sono esattamente 52 modi di partizionare l'insieme, cioè di costruire l'insieme come unione disgiunta di suoi sottoinsiemi non vuoti: il 52 è quindi il sesto dei numeri di Bell (sequenza A000110 dell'OEIS).
Il 52 è anche un numero decagonale, cioè un numero figurato che può essere disposto a raffigurare un decagono regolare: più precisamente è il quarto numero che gode di questa proprietà (sequenza A001107 dell'OEIS).
Altra curiosità: 52 non è la somma dei divisori propri di nessun altro numero, circostanza che lo inserisce nel novero dei numeri intoccabili (sequenza A005114 dell'OEIS), del quale occupa il posto numero 3.
Dato che l'equazione

(dove φ(x) è la funzione di Eulero) non ha soluzioni, si dice che 52 è un numero noncototiente.
E con questo parolone abbiamo esaurito le principali proprietà del 52 dal punto di vista della teoria dei numeri.


Ma non è finita qui. Curiosità meno tecniche si legano a questo numero.
Ad esempio: quante carte ci sono in un mazzo da poker? Naturalmente 52 (escludendo i jolly).
Quante settimane ci sono in un anno? 52? Bè, approssimativamente, perché 365 diviso 7 fa 52, ma con il resto di 1. Per gli anni bisestili, che hanno 366 giorni, il resto che si ottiene è invece 2: ecco perché il 14 agosto, che quest'anno cade di martedì, l'anno scorso era una domenica.

A Manhattan, la celebre cinquantaduesima strada è soprannominata "la strada del jazz", a causa dei molti importanti locali che, soprattutto negli anni '40 e '50, videro esibirsi leggende del calibro di Miles Davis, Dizzy Gillespie, Billie Holiday, Thelonious Monk, Charlie Parker, Art Tatum, e tantissimi altri.
A partire dagli anni '50 il baricentro del jazz newyorkese si spostò altrove, e i prestigiosi jazz club chiusero uno dopo l'altro: oggi sulla strada si affacciano soprattutto banche e centri commerciali, e l'immagine del suo glorioso passato sembra del tutto scomparsa.
Nel 1978, il cantautore americano Billy Joel pubblicò un bell'album intitolato appunto "52nd Street".  Nella traccia che porta lo stesso titolo dell'album, il pianoforte jazzato di Billy Joel rende omaggio agli antichi fasti della "strada che non dorme mai".

A proposito, quanti sono i tasti bianchi di un pianoforte? C'è bisogno di chiedere? 52.



Ma diamo finalmente spazio ai veri protagonisti del Carnevale: i post segnalati. Devo dire che, nonostante il periodo vacanziero, la partecipazione è stata abbastanza buona: ringrazio di cuore tutti gli amici blogger che hanno collaborato a questa edizione.  Comincio dai contributi che hanno seguito il tema proposto.

A proposito di collegamenti tra matematica ed arte, Annarita Ruberto, dal suo pregevole blog Matem@ticaMente segnala il post La sezione aurea nelle piramidi egizie, in cui racconta come la sezione aurea sia stata utilizzata nelle costruzioni dell'antico Egitto e in particolare nella grande piramide di Cheope. Annarita ci accompagna in un viaggio attraverso le meraviglie del mondo antico, coinvolgendo anche lo storico greco Erodoto e il celebre papiro di Mosca.

Bruna (laperfidanera), dal blog Al Tamburo Riparato, propone il curioso indovinello TAB, che tra l'altro ha la singolare proprietà di essere il post n. 500 di questo bel progetto collettivo (congratulazioni vivissime agli autori del Tamburo!). L'enigma consiste nel determinare tre numeri ("la targa T della mia Corsa, il numero del cellulare A di mio marito e il numero del mio cellulare B"), legati tra di loro da un "curioso rapporto".
Per chi desiderasse conoscere la soluzione dell'insidioso e ingegnoso rompicapo, essa viene fornita in TAB - la soluzione.

Il grande Popinga ha scritto un delizioso post intitolato Dimmi di Old King Cole (e di Kirkman)
che è una geniale rapsodia di nessi e legami che parte da un antico re britanno, si snoda attraverso le antiche nursery rhymes britanniche, passa attraverso Nat King Cole, i Genesis e i Queen, fino ad arrivare al matematico inglese Thomas Penyngton Kirkman e al suo problema combinatorio formulato in versi.
In Matematica teologica:una rassegna, Popinga ci porta alla scoperta del particolare rapporto tra matematica e Dio. L'articolo è il risultato di una ricerca su un tema davvero attraente. Con le parole dello stesso autore:
La matematica pura è scienza sottile, che, tra tutte le scienze, sin dalle sue origini, quella che più avvicina l’uomo all’idea di assoluto. Così i tentativi di trattare le questioni religiose con l’ausilio della matematica sono stati numerosi. Nell’articolo troverete alcuni esempi di epoca moderna, dove l’incontro tra fede e ragione dà esiti alquanto bizzarri.

La rassegna prosegue con il blog Scienza e Musica, dal quale arriva la segnalazione di Rango!!!, articolo che scaturisce da un curioso interrogativo: che collegamento può sussistere tra il film d'animazione "Rango" e la matematica?  La risposta, è facile immaginarlo, ha a che fare con le matrici, ma il finale è a sorpresa, visto che tira in ballo nientepopodimeno che Georg Friedrich Händel!


Continua l'affascinante itinerario di Dioniso sulle orme di Pitagora. Nell'ultimo mese sul Blogghetto sono uscite due nuove tappe di questo viaggio: Viaggio pitagorico: Metaponto e Viaggio pitagorico: Taranto - il Museo della Magna Grecia.

Potete trovare gli appunti completi del viaggio pitagorico di Dioniso su questa pagina del Blogghetto.
Dioniso mi mette in guardia che questi appunti "non contengono molto di matematico": a mio parere, invece, sono una suggestiva dimostrazione di come discipline molto diverse come la matematica, la storia, l'arte e la filosofia possano legarsi assieme.

Il mondo anglosassone è sempre ricco di iniziative interessanti, come ad esempio il congresso Bridges dedicato alle connessioni tra la matematica, la scienza, l'arte, e nel post Il giorno della poesia matematica, uscito su DropSea, Gianluigi Filippelli ci racconta di come una delle giornate del congresso sia dedicata alla poesia matematica. Cercando cercando (e ispirato da un paio di post di Maria Popova), Gianluigi ha scovato un paio di poesie pubblicate come articoli scientifici su Nature, e le ha tradotte per l'occasione, insieme a una poesia di Emily Dickinson dove viene citata la circonferenza.

Nel segnalarmi Perché l'angolo giro misura 360°?, uscito sul blog Natura Matematica, Chris Sorrentino mi fa notare che talvolta, soprattutto in matematica, interiorizziamo dei concetti elementari  che, per la loro semplicità, ci sembrano così intuitivi che non ci chiediamo troppe spiegazioni al riguardo. Spesso, però, le domande con le risposte più difficili sono proprio quelle più semplici ed impensate, come chiedersi perché un angolo giro debba misurare proprio 360°. La risposta a questa domanda possiamo trovarla nell'affascinante nesso che da secoli accompagna le popolazioni dall'illustre tradizione scientifica e culturale, ossia quello tra astronomia e matematica.

Su Mr. Palomar questo mese mi sono dilettato in una piccolissima divagazione terminologica, raccontando in Parole informatiche: algoritmo le curiose parentele tra parole come logaritmo algoritmo e algebra, e mostrando come le ultime due abbiano a che fare col titolo di un libro di matematica di 1200 anni fa.
In Alberi, invece, ho colto alcuni spunti letterari legati a Calvino e Borges (lo so, sempre loro, che ci volete fare? sono tra i miei autori preferiti...) per parlare di alberi informatici e... dei piccioni del Monte Palomar in California.


I legami e i collegamenti possono sussistere anche tra un blog e l'altro: anzi, la comunicazione stessa e lo scambio delle idee sono particolari (e felici) forme di connessione.  Quando, qualche settimana fa, Tania Tanfoglio ha lanciato su Google+ una domanda sull'esistenza della forma ab, probabilmente non immaginava che avrebbe innescato un movimentato e proficuo dibattito sul tema "Quanto vale zero elevato a zero", che ha invaso in poco tempo i social network e i blog. Sono felice di poter ospitare in questa edizione del Carnevale gli interventi chiave che sono stati pubblicati.
Il primo a raccogliere la stuzzicante provocazione è Juhan sul blog Al Tamburo Riparato, con il post Zero alla zero. Da buon ingegnere informatico, Juhan adotta un approccio per così dire galileiano e sottopone il quesito a diversi software di calcolo, ottenendo nella maggior parte dei casi la risposta che lui stesso si è intuitivamente figurato:
Io non sono un matematico e, anche se non saprei giustificare il perché, mi viene spontaneo 1: tutti i numeri elevati a zero danno 1.   
Nel successivo Zero alla zero – Conclusione, Juhan chiama a sostegno della sua tesi il responso di altri strumenti informatici e, colpo di scena, perfino lo standard IEEE per il calcolo in virgola mobile (IEEE 754).

Il padre fondatore del Carnevale, Maurizio .mau. Codogno, interviene nel dibattito con l'articolo Quanto fa 0^0? pubblicato sulla sua pagina del Post.
Il buon .mau. fa notare che x0=1 per qualunque valore diverso da zero di x, ma al tempo stesso sappiamo che 0y=0 per qualunque valore diverso da zero di y. E allora, come la mettiamo? 00 non può valere 0 e anche 1! Maurizio ci suggerisce che il valore di questa formula deve essere considerato indeterminato:  
Prendiamo il coraggio a due mani, e accettiamo il fatto che la risposta non c’è.

Il testimone viene allora raccolto da Roberto Zanasi, che, nel blog Gli studenti di oggi, ci regala È una questione di equilibrio, notevole lezione sul tema delle forme indeterminate, da 0/0 fino alla famigerata 00, passando attraverso ∞/∞, +∞-∞, 0·∞, 1, 0. Lo Zar propone un approccio molto attraente per risolvere l'enigma:
Abbiamo a che fare con la funzione in due variabili f(x,y) = xy, e vogliamo capire cosa succede quando sia x che y si avvicinano a 0.
Dal grafico che ne risulta, si vede bene l'indeterminazione del risultato:
(...) dipende solo da come ci si avvicina a 0 alla 0: sono possibili tutti i valori da 0 a infinito. Se base e esponente si avvicinano allo stesso modo (come in xx), allora effettivamente il risultato si avvicina a 1.

In un certo senso è dal blog DropSea di Gianluigi Filippelli che giunge una parola (quasi) definitiva sulla questione. In L'indeterminata leggerezza di essere uno zero Gianluigi conferma che 00 è una forma indeterminata, senza che possano sussistere dubbi a proposito. Attorno a questo punto fermo, tuttavia, svela alcune condizioni particolari sotto le quali l'indeterminatezza della forma 00 può essere sciolta, e documenta le argomentazioni di alcuni matematici che hanno spinto per assumere 00 = 1.

Annarita Ruberto, con il suo articolo Come spiegare zero elevato alla zero agli undicenni?, non intende entrare nella spinosa discussione portando argomenti matematici a favore dell'una o dell'altra tesi, ma si propone di indicare un metodo didatticamente utile per spiegare agli undicenni che 00 è una forma indeterminata. Annarita fa notare che i primini della scuola media conoscono soltanto i numeri naturali e ignorano i concetti di funzione e di equazione, e giunge a suggerire un approccio concreto che, nella sostanza, utilizza la stessa osservazione fatta da .mau. a proposito dell'impossibilità di assegnare un valore certo alla forma 00.


Passando ai contributi che non hanno seguito il tema proposto, parto da Annarita Ruberto che affronta il difficile problema di Come spiegare ad alunni di 9 anni che meno per meno è uguale a più? e propone un approccio pratico comprensibile anche a bambini di quell'età.
In un altro articolo Annarita riporta l'appassionante storia di come sia stato Svelato il codice perduto di Archimede:
In una video-presentazione tenuta al recente TED, il curatore di libri antichi William Noel ci racconta l'affascinante storia del manoscritto di Archimede (il codice perduto), un libro bizantino di preghiere che contiene testi originali mai visti prima, scritti sia dall'antico matematico greco Archimede che da altri autori.

Roberto Zanasi, nel blog Gli studenti di oggi, recensisce due libri di argomento matematico: il saggio Tutto, e di più di David Foster Wallace, di cui evidenzia, oltre che i punti a favore, il difetto dell'eccessiva compressione degli argomenti, e il quarto volume delle lezioni del professor Apotema di Giorgio Goldoni, che, come i precedenti, si rivela molto interessante e consigliato a tutti.

Come da tradizione, dal cappello del vulcanico Maurizio Codogno saltano fuori un sacco di interessantissimi articoli, alcuni tratti dalle Notiziole di mau ed altri dalla pagina che .mau. cura sul Post.
Sulle Notiziole, come ben sanno gli appassionati, Maurizio pubblica ogni domenica gli ormai famosi "quizzini", e nell'ultimo mese troviamo Niente primi, dove si deve trovare un numero che non sia primo nemmeno modificandolo un po', Vecchi compagni di classe, in cui occorre determinare le età dei tre figli degli amici di liceo, facendo attenzione ai dati iniziali, Biroulette russa, dove le pistole sono due, e chi trova il colpo vince una tavoletta di cioccolato, Parquet, in cui bisogna essere equilibrati nel creare un pavimento, e infine Successione di vocali, dove, nonostante tutto, un po' di aritmetica c'è!
Sono sempre molto succulenti (e fanno molto riflettere) gli articoli che .mau. ci regala nella rubrica "Povera matematica". Questo mese sono stati pubblicati La massa oscura di lavoratori tedeschi, intorno al mistero per cui, secondo il Corriere della Sera, la forza lavoro tedesca sarebbe superiore in numero all'intera popolazione dello Stato, e Notizie non necessariamente negative, dove parlando delle contraddizioni della città di Milano, Maurizio conclude che riempire un articolo di numeri non solo fa scappare il lettore medio che si atterrisce, ma spesso può servire a nascondere cosa succede.
Passando al .mau. recensore di libri, ecco L'universo e la tazza da tè di K.C. Cole: un'idea di come si usa la matematica per chi di matematica non ne vuole sapere.
Direttamente dalla rubrica "Matematica light" arriva invece la gustosa notizia π day, versione approssimata in cui scopriamo che il 22 luglio è il Giorno Approssimato di Pi Greco, perché 22 diviso 7 fa circa π (tanto anche il 14 marzo mica era un giorno esatto!)
Dalla sua pagina del Post, Maurizio ci segnala tre articoli.
Il primo, La complessità della complessità è una intelligente discussione sul fatto che insegnare la matematica non è facile, e non solo perché la matematica non è facile. Secondo .mau., tuttavia, non è semplicemente una questione di linguaggio.
In Cosa devono sapere gli insegnanti? vengono proposte alcune considerazioni sui famigerati test TFA, quelli che i filosofi hanno fallito miseramente. E per i matematici com'è andata?
Infine, Fibonacci subprime suggerisce una interessantissima variante moderna della ben nota successione. C'è di mezzo Conway, fa notare .mau., quindi merita sicuramente.


Roberto Natalini mi ha inviato una lunga carrellata di contributi di grande interesse.
Il primo è stato pubblicato nel blog Dueallamenouno dell'Unità, e si intitola Un libro (di matematica!) per l’estate. State partendo per il mare e non avete niente da leggere? C'era quella cosa dei numeri primi gemelli che vi aveva sempre incuriosito, ma non ve la ricordate più? Ecco l'articolo che fa per voi. (Ma anche se rimanete in città va bene uguale).

Altri contributi di Roberto per il Carnevale provengono da MaddMaths!, il sito gestito dalla SIMAI, la Società Italiana di Matematica Applicata e Industriale, che come sempre è particolarmente ricco di spunti e di riflessioni.
In Se l'algebra non è necessaria, articolo tratto da Wired.it, Roberto Natalini affronta il tema dell'utilità dell'algebra come materia scolastica, prendendo le mosse da un'opinione espressa sul New York Times da Andrew Hacker della City University:
L'algebra non serve a nulla, e molti studenti lasciano la scuola per colpa sua.
Leggetelo, che merita.
Riscrivere i libri di matematica? Pensiamoci su parte invece da una proposta lanciata dall'Accademia della Crusca: il linguaggio matematico è troppo difficile, e per questo si devono rielaborare i testi per le scuole. Roberto Natalini indaga se questo sia davvero utile.
A sottoporsi al test di Proust promosso questo mese da MaddMaths! è Ciro Ciliberto, professore di Geometria Superiore all'Università di Roma Tor Vergata, e neo-presidente dell'UMI (Unione Matematica Italiana).
In  L'Alfabeto della matematica: S come Stabilità Corrado Mascia ci mette in guardia: se siete impegnati a piantare il vostro ombrellone nella sabbia, sappiate che state affrontando un problema di stabilità che, matematicamente parlando, nasconde alcune complessità!
Da una richiesta di aiuto inviata da un amico (“Amo la logica e la filosofia e mi piacerebbe instillare, con i miei pochi mezzi, un po' di amore per la matematica, nei miei bambini di 5 e 8 anni. Attendo suggerimenti su testi, siti e consigli pratici. Vi ringrazio fin d'ora."), Roberto Natalini ha raccolto vari suggerimenti da alcuni amici blogger, e ha infine confezionato Matematica per bambini... fra 5 e 8 anni?.
In Isaac "Mad Dog" Newton - Parte I, Stefano Pisani ci racconta la vita più o meno segreta di Isaac Newton, grandissimo matematico, fisico, filosofo naturale, astronomo, teologo ed alchimista inglese raccontata da documenti inediti, sottratti ingiustamente al vaglio della Storia semplicemente perché immaginari.
Anita Eusebi descrive il mondo quantistico in Alice e Bob nel mondo dei quanti: un paese stravagante, fatto non di certezze ma di possibilità, ricco di paradossi e meraviglie, soprattutto quando si associa alla crittografia.
Elisabetta Carlini, invece, ci spiega in Lo zoom di un'immagine: un problema di... interpolazione
come si fa a "zoomare" un'immagine digitale, sottolineando come la creazione di una nuova immagine che esalti le caratteristiche della prima rappresenti un problema che si può affrontare con particolari tecniche di interpolazione.
Infine, una recensione di Roberto Natalini: Matematica al bar, di Roberto Lucchetti (esperto di teoria dei giochi) e Giuseppe Rosolini (logico). In questo libro hanno deciso di trascrivere alcune delle loro chiacchierate al bar, per parlarci dei loro interessi scientifici, dei loro miti, e di alcune tra le grandi rivoluzioni del pensiero matematico del '900. Ordinate una birra e cominciate a leggere, che aspettate?


Potevano mancare, in questo Carnevale della Matematica, i sommi Rudi Mathematici? No di certo.Fantasiosi, prolifici e brillantissimi come sempre, Piotr, Rudy e Alice ci regalano una carrellata di contributi davvero notevole.
Si parte da un post che sarebbe rientrato di diritto nella giurisdizione del precedente Carnevale ospitato da Popinga, ma che, con mia grande gioia, i Rudi segnalano solo adesso (mi dispiace, caro Popinga...): Dilettanti per forza, che parla di dilettanti e professionisti della matematica, e di tagli.
Si continua, per la serie "Paraphernalia Mathematica", con la prima parte di un articolo sugli alberi di Stern-Brocot, che, a giudicare dall'esordio, si preannuncia davvero succulento: La Foresta di Stern-Brocot – Prima parte.
Piotr Silverbrahms mi informa che l'ultimo Carnevale non aveva "compleanni", mentre in questo ne rientrano ben due, e non sa dire se si tratti per me di una fortuna o di una disgrazia. E' certamente una fortuna, caro Piotr (mi dispiace ancora, Popinga).
Il primo dei due, Buon compleanno, Pitagora!, mi è piaciuto al punto da commuovermi: per un po' ho avuto la tentazione di inserirlo tra i post dedicati al tema delle connessioni, perché riesce magicamente a collegare tra loro la notte lunare del 20 luglio 1969, una riflessione sulla conoscenza e sul potere, e una celebrazione di Pitagora come inventore della dimostrazione, della matematica e del mondo stesso.
Il secondo compleanno è 3 Agosto 1914 – Buon compleanno Mark!: anche qui, come sempre accade nei "compleanni" dei Rudi, c'entrano i nessi, dato che dalle Olimpiadi si coglie lo spunto per arrivare a parlare del matematico polacco Mark Kac, scomparso in California poco dopo la chiusura delle Olimpiadi del 1984.
Il gioco del mese è la Lasca, qualcosa di molto simile alla dama, mentre la consueta soluzione del quiz cartaceo de Le Scienze si può trovare in Il problema di Luglio (527) – Sbronza monodimensionale virtuale.
Colgo l'occasione per ricordare che è disponibile il prestigioso numero 163 di Rudi Mathematici, la Rivista fondata nello scorso millennio!


Gianluigi Filippelli su DropSea ci regala un bel ritratto di Mary Winston: nata il 7 agosto (quindi è un altro compleanno...), è stata la prima statunitense a prendere un dottorato in Europa, in quel tempio della matematica che ha nome di Gottinga. Suo supervisore, Felix Klein. Ha anche pubblicato, in tedesco, un piccolo lavoro sulle funzioni ipergeometriche, già definite da Bertrand Riemann, che costituisce la parte centrale del post, spezzando così in due parti la biografia di questa mitica pioniera della matematica.

Sono arrivati davvero in extremis i contributi di Jean Manuel Morales, curatore del blog Con le mele: meglio tardi che mai, soprattutto quando si tratta di post di grande interesse provenienti da un bellissimo blog, recente nuova acquisizione dei Carnevali: compimenti sinceri a Jean, continua così, mi raccomando!
In Nel cortile di Palazzo Carignano viene proposto un curioso problemino di calcolo combinatorio ideato durante una serata d'estate trascorsa nel suggestivo luogo di Torino.
Con Eukleides in italiano Jean ci sottopone invece un problema di geometria euclidea: è il pretesto per esplorare un linguaggio di programmazione per il disegno geometrico tradotto in italiano tramite script Lua.
Ho trovato davvero divertente Numero medio di lanci di un dado a 6 facce: un tour de force nel calcolo di valori ripetuti nel lancio di uno o più dadi, con tanto di formule matematiche, disegno assonometrico dal sabor latino, sequenze di numeri interi, e Monopoli.
Per la categoria "Immagini" Jean ci regala l'enigma dei Tre tori contro tre tori, mentre in Quadrilatero di superficie costante dobbiamo chiederci se da un punto scelto a caso in un quadrato dipenda tutta la costruzione di un quadrilatero, compresa la sua area. O no?


Siamo arrivati in fondo, cari amici. Mr. Palomar lascia il testimone carnevalesco ai Rudi Mathematici, che ospiteranno l'edizione di settembre, la numero 53.
Nel ringraziare di cuore tutti i partecipanti e tutti i lettori, vi lascio in compagnia di un video realizzato da Teja Krasek in occasione dell'iniziativa "Gathering for Gardner 9", con musica di Jean Michel Jarre.
Buon Ferragosto a tutti!

lunedì 6 agosto 2012

Alberi

Pare che nei mesi primaverili e autunnali grandi moltitudini di piccioni vengano frequentememente avvistate nei pressi della cima del Monte Palomar, in California.  Le cronache del luogo riportano anche la presenza, nei secoli andati, di una struttura costruita dagli Spagnoli per l'allevamento dei colombi.
Le due circostanze furono certamente determinanti affinché la montagna fosse battezzata con questo nome: "Palomar", che in spagnolo significa "colombaia", "piccionaia".


Il libro intitolato "Palomar", che Italo Calvino pubblicò nel 1983, non ha nulla a che vedere con i pennuti che affollano le nostre piazze, ma è idealmente legato all'Osservatorio americano che fu costruito nel 1936 sulla montagna californiana, e, metaforicamente, al concetto di osservazione.
Come raccontavo nel primo post di questo blog, il signor Palomar di Calvino è infatti un uomo curioso, analitico, osservatore della natura e di se stesso: un po' come un telescopio puntato verso le meraviglie del cosmo.


Una delle particolarità di questo libro è la sua struttura, che un informatico definirebbe ad "albero ternario". L'opera è infatti suddivisa in tre sezioni: "1. Le vacanze di Palomar" (in cui il signor Palomar è impegnato soprattutto nell'osservazione visiva della natura), "2. Palomar in città" (dove il protagonista si confronta con le altre persone e con aspetti culturali, simbolici, linguistici), e "3. I silenzi di Palomar" (in cui si svolgono meditazioni sul rapporto tra io e mondo, sulla mente e sull'infinito).
Ogni sezione si divide a sua volta in tre capitoli, e ogni capitolo è costituito da tre episodi.
Ad esempio, la sezione "1. Le vacanze di Palomar" si suddivide nei capitoli "1.1. Palomar sulla spiaggia", "1.2. Palomar in giardino" e "1.3. Palomar guarda il cielo", ognuno dei quali comprende tre episodi (per il primo dei tre capitoli citati, "1.1.1. Lettura di un'onda", "1.1.2. Il seno nudo" e "1.1.3. La spada del sole").
Lo schema genera così una raccolta di 27 episodi, ciascuno caratterizzato da una sorta di codice formato da 3 cifre (che possono assumere i valori 1, 2 o 3).
Possiamo sospettare che il gioco combinatorio progettato da Calvino non intendesse fermarsi a questa struttura tripartita, ma prevedesse che il sapore di ogni episodio fosse legato, in qualche misura, alle cifre che compongono il suo codice, e non soltanto a quella che compare in prima posizione: e a tale scopo, le cifre 1 dovrebbero legarsi al tema dell'esperienza visiva, le cifre 2 all'esperienza sociale, e le cifre 3 all'esperienza speculativa.  Così, ad esempio, il racconto "1.1.1. Lettura di un'onda" dovrebbe essere più di ogni altro associato all'osservazione visiva, mentre ad esempio 1.3.3. La contemplazione delle stelle" dovrebbe contenere elementi legati alla meditazione sull'io e sull'universo, e ancora "3.3.3. Come imparare a essere morto" dovrebbe essere il culmine di queste riflessioni cosmiche.
Se questa estrema interpretazione combinatoria sia corretta o no, non è dato saperlo con certezza. Più che certa, però, rimane la struttura ad albero della raccolta.


Che cos'è un albero? Per noi informatici, un albero è un particolare tipo di grafo, cioè una rete formata da nodi connessi tra di loro da archi. La particolarità di un albero sta nel fatto che presi due nodi c'è sempre una sola sequenza di archi che li collega.

Un albero in cui ogni nodo è interessato da 1, 2, o al massimo 3 archi viene detto albero binario. In un siffatto albero, uno qualsiasi tra i nodi interessati da 1 o 2 archi può essere etichettato come radice dell'albero. Scelta la radice possiamo leggere l'albero come qualcosa di molto simile ad un organigramma aziendale, o ad un albero (appunto) genealogico: possiamo cioè costruire delle relazioni gerarchiche tra i nodi ai diversi livelli.

(Notate che, mentre negli alberi veri la radice si trova sotto terra, e i rami si sviluppano verso l'alto, negli alberi informatici avviene il contrario, cioè la radice viene solitamente disegnata in alto con tutto lo sviluppo degli archi che si protende verso il basso: gli informatici sono gente strana.)

La radice non ha padre e può avere 0, 1 o 2 figli; ogni nodo, a sua volta, è padre dei suoi figli. Dato che tutti i nodi (tranne la radice) hanno un padre, ogni nodo ha al massimo 2 figli, e ciò spiega il termine "albero binario".

Analogamente, un albero in cui ogni nodo è interessato da non più di 4 archi viene detto albero ternario, e in questo caso ogni nodo ha al massimo 3 figli (si veda la figura a fianco).

E' evidente che i 27 racconti di "Palomar" costituiscono un albero ternario a quattro livelli (la radice, che possiamo assimilare al libro nel suo complesso, e poi le sezioni, i capitoli e gli episodi).

La struttura ternaria di "Palomar" ricorda da vicino quella descritta in un racconto di Jorge Luis Borges intitolato "Esame dell'opera di Herbert Quain" e incluso nella famosa raccolta "Finzioni". 
In questo racconto Borges descrive le opere di un immaginario scrittore, Herbert Quain, tra le quali un romanzo regressivo, ramificato intitolato "April March" (ambiguamente traducibile come "Marcia di aprile" o come "Aprile marzo").
Come scrive Borges:

L'opera comprende tredici capitoli. Il primo riferisce l'ambiguo dialogo di alcuni sconosciuti su una banchina. Il secondo riferisce gli avvenimenti della vigilia del primo. Il terzo, anch'esso retrogrado, riferisce gli avvenimenti di un'altra possibile vigilia del primo; il quarto, quelli di un'altra. Ciascuna di queste tre vigilie (che rigorosamente si escludono) si ramifica in altre tre, d’indole molto diversa. Il corpo dell'opera consta poi di nove racconti; ogni racconto, di tre lunghi capitoli (il primo capitolo, naturalmente, è comune a tutti i racconti). Di questi racconti, uno è di carattere simbolico; un altro, soprannaturale; un altro, poliziesco; un altro, psicologico; un altro, comunista; un altro, anticomunista; eccetera. Uno schema, forse, aiuterà a comprendere la struttura: 
        


x1

y1
x2


x3


x4
z
y2
x5


x6


x7

y3
x8


x9

Qui i livelli sono tre; considerando che nella finzione di Borges, a differenza che in "Palomar", i racconti corrispondono non soltanto ai nodi terminali (quelli che, per coerenza rispetto alla metafora botanica, gli informatici chiamano foglie), ma anche ai nodi interni dell'albero, ecco che vengono fuori 13 e non 9 racconti in totale.  Borges conclude alludendo questa volta ad una struttura alternativa ad albero binario:

Ricorderò anche che Quain, avendo già pubblicato April March, si pentì dell'ordine ternario e auspicò che, tra i suoi futuri imitatori, gli uomini scegliessero il binario 



x1

y1



x2
Z




x3

y2



x4

e i demiurghi e gli dèi: infinite storie, infinitamente ramificate.

Diavolo di un Borges: non soltanto ideale ispiratore del concetto dell'interpretazione a molti mondi della fisica quantistica, ma anche meraviglioso "giardiniere informatico"!

mercoledì 1 agosto 2012

Parole informatiche: algoritmo

Molte persone che non hanno dimestichezza con le discipline matematiche e informatiche confondono spesso e volentieri i due termini "algoritmo" e "logaritmo". Ad un matematico o ad un informatico questa confusione fa sorridere, trattandosi di due concetti completamente diversi.
La cosa curiosa, tuttavia, è che queste due parole, pur nella loro somiglianza assoluta (sono addirittura l'una anagramma dell'altra!) hanno etimologie tra di loro lontanissime.
Mentre il termine matematico "logaritmo" è stato coniato in età moderna sulla base delle due parole greche lògos (ragione, rapporto) e arithmòs (numero), la parola "algoritmo" ha origine araba, ed è legata al nome del grande matematico Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi, vissuto in Persia tra l'VIII e il IX secolo dopo Cristo.
Che questo matematico sia considerato da alcuni storici l'ideatore dei logaritmi (otto secoli prima di Nepero, l'autore ufficialmente riconosciuto) assomiglia ad un'ironica coincidenza: ma ciò che ci interessa in questo post è che da una deformazione del nome arabo di al-Khwarizmi sia derivato il termine principe dell'informatica moderna: algoritmo.
La sua opera intitolata "(Libro di) al-Khwarizmi sui numeri indiani" fu infatti impropriamente tradotta in latino come "Algoritmi de numero indorum", da cui il termine "algoritmo" (o "algorismo") utilizzato per indicare un procedimento matematico per risolvere un certo problema. 
Al-Khwarizmi fu un insigne astronomo e geografo, ma fu nel campo matematico che consegnò alla storia i contributi più rilevanti: tradusse molte opere di matematici greci, persiani, babilonesi e indiani, ed è ricordato per i suoi importanti studi sulle equazioni di secondo grado, oltre che per avere importato in Occidente il sistema di numerazione posizionale concepito dagli Arabi.
Quello stesso "(Libro di) al-Khwarizmi sui numeri indiani" in arabo suona come: "al-Kitāb al-mukhtaṣar fī ḥisāb al-ǧabr wa-al-muqābala", e con quella parola al-ǧabr al-Khwarizmi indicava una delle due operazioni utilizzabili per risolvere le equazione di secondo grado. Da quel termine al-ǧabr derivò un'altra parola importante: algebra.
E' davvero curioso notare come dal titolo di uno stesso libro abbiano tratto origine due vocaboli così fondamentali: il primo che occupa il centro esatto di tutto il sapere informatico moderno, e il secondo non meno decisivo nell'ambito delle discipline matematiche.

L'ultimo post di Mr. Palomar, anzi no

Sono trascorsi quasi 14 anni da quel Capodanno del 2011, quando Mr. Palomar  vide la luce. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti, c...