- Un re! - diranno subito i miei piccoli lettori.
No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno.
Come continua questa storia? Con il falegname Mastro Ciliegia, che dona il pezzo di legno parlante a Maestro Geppetto? Con il burattino ribelle che Geppetto decide di scolpire? Con il Grillo Parlante, Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe, la Fata Turchina, Lucignolo e il Pescecane?
No, niente di tutto questo. Avete sbagliato storia.
La storia prosegue con un marinaio inglese del sedicesimo secolo, che getta in mare quel pezzo di legno.
In mare? E perché mai?
Perché qualche decennio prima un portoghese, tale Bartolomeu Crescencio, ha inventato un nuovo modo per misurare la velocità della nave. Si prende una fune annodata a intervalli regolari, la si avvolge a una bobina, e si lega un pezzo di legno alla fune; poi si butta il ceppo in acqua e lo si lascia galleggiare a fianco della nave.
Non appena la nave comincia a muoversi, la fune si srotola.
La velocità della nave viene determinata con buona approssimazione in funzione della porzione di fune che si è srotolata.
Per fare questa misurazione, il nostro marinaio inglese sta contando il numero di nodi che passano nelle sue mani in un certo intervallo di tempo.
Molto ingegnoso, non c'è che dire. Gli uomini di mare sono contenti perché in questo modo si può calcolare facilmente la velocità della nave e quindi le distanze coperte durante i viaggi.
Vi eravate mai chiesti perché ancora oggi l'unità di misura della velocità delle navi è il "nodo"? Se non lo sapevate, ora l'avete capito.
Un'altra cosa che è interessante sapere è che il nostro amico marinaio del sedicesimo secolo chiama il pezzo di legno con una parola molto breve: log.
Log è parola dell'inglese arcaico, di origine sconosciuta ma già utilizzata all'inizio del XIV secolo.
Significa semplicemente "grosso ceppo di legno", "ciocco", "tronco".
D'altra parte con questo significato viene utilizzata ancora oggi: prova ne è il testo della beatlesiana "A hard day's night", in cui John Lennon canta:
It's been a hard day's night
And I've been working like a dog.
It's been a hard day's night
I should be sleeping like a log.
ovvero:
È stata la sera di una giornata faticosa
E ho lavorato come un cane.
È stata la sera di una giornata faticosa
E dovrei già dormire come un ciocco.
Ecco che il nostro marinaio, come tutti i suoi colleghi, chiamano log il ceppo utilizzato per misurare la velocità della nave, e chiama log-book, o anche semplicemente log, il libro di bordo sul quale vengono annotate le misurazioni.
Col passare del tempo il log-book diventa un registro molto più ricco, contenente anche altri tipi di informazioni operative: ad esempio le condizioni atmosferiche, i tempi in cui avvengono determinati eventi, gli incidenti verificatisi, i membri dell'equipaggio, i porti ai quali la nave attracca, e così via.
È facile comprendere come il termine log sia stato importato dal gergo informatico con il significato di registro delle operazioni che vengono eseguite da un certo programma. Con mille diverse sfumature semantiche, il termine log è oggi utilizzato frequentissimamente nell'ambito informatico.
E il blog? La parola indica un sito web come quello che state leggendo, caratterizzato solitamente da una unica pagina ad espansione verticale, nella quale vengono pubblicate in tempo reale notizie, informazioni, opinioni o storie di ogni genere, di solito visualizzate in ordine cronologico inverso (dall’articolo più recente al più vecchio). Il termine è una contrazione di web log, cioè "registro web": si tratta appunto di una registrazione cronologica, di una sorta di diario, gestito da una o da più persone.
Al posto del nostro amico marinaio del sedicesimo secolo abbiamo oggi un modernissimo blogger, e la blogosfera ha preso il posto dell'azzurro mare solcato dal galeone inglese.
Ma anche nel web si naviga: e il cerchio si chiude.
prendo appunti
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