Apparentemente nulla. Eppure questi due artisti, pur nella profondissima diversità dei loro linguaggi espressivi, hanno dipinto due personaggi molto simili tra di loro, accomunati dalla loro passione per un numero: il misterioso e inafferrabile π.

Sweet and gentle sensitive man
With an obsessive nature and deep fascination
For numbers
And a complete infatuation with the calculation
Of Pi
Oh he love, he love, he love
He does love his numbers
And they run, they run, they run him
In a great big circle
In a circle of infinity
3.1415926535 897932
3846 264 338 3279
Oh he love, he love, he love
He does love his numbers
And they run, they run, they run him
In a great big circle
In a circle of infinity
But he must, he must, he must
Put a number to it
Tradotto in italiano:
Uomo dolce, gentile e sensibile
Dalla natura ossessiva e profondamente affascinato
Dai numeri
E completamente infatuato del calcolo
Di π
Oh, lui ama, lui ama, lui ama
Lui ama davvero i suoi numeri
E lo portano, lo portano, lo portano
In un grande grande cerchio
In un cerchio di infinito.
3.1415926535 897932
3846 264 338 3279
Oh, lui ama, lui ama, lui ama
Lui ama davvero i suoi numeri
E lo portano, lo portano, lo portano
In un grande grande cerchio
In un cerchio di infinito.
Ma lui deve, lui deve, lui deve
Metterci sopra un numero.
E Thoman Mann? Uno dei personaggi minori del celebre romanzo "La montagna incantata", una delle opere fondamentali di Mann, è il procuratore Paravant, malato di tubercolosi e ricoverato nel sanatorio sulle Alpi svizzere in cui è ambientata la storia. Paravant non sembra molto diverso dal matematico "dolce, gentile e sensibile" e "completamente infatuato del calcolo di π", cantato da Kate Bush:

(da "La montagna incantata" di Thomas Mann, traduzione di E. Pocar, Corbaccio, pagg. 593-594)
Il brano di Mann fa riferimento allo stretto legame esistente tra la determinazione esatta del valore di pi greco e l'antico problema della quadratura del cerchio: costruire, con riga e compasso, un quadrato che abbia la stessa area di un dato cerchio. Dato che un cerchio ha un'area di πr2, il quadrato di pari superficie dovrebbe avere un lato di r moltiplicato per la radice quadrata di π. Il problema quindi si riduce alla determinazione di questa radice quadrata con il solo ausilio di riga e compasso.
Perfino Dante parla del problema della quadratura del cerchio, e lo fa nel momento finale e culmimante della sua Divina Commedia: verso la fine dell'ultimo Canto del Paradiso, quando il sommo poeta affronta una delle questioni teologiche più complesse, e cioè il mistero dell'incarnazione e della coesistenza tra natura divina e umana di Cristo.
Per far comprendere la difficoltà del problema, Dante lo paragona all'antico enigma della quadratura del cerchio, che a quell'epoca era ancora ben lontano da una risoluzione.
Qual'è 'l geomètra che tutto s'affige
per misurar lo cerchio, e non ritrova,
pensando, quel principio ond'elli indige,
tal era io a quella vista nova:
veder voleva come si convenne
l'imago al cerchio e come vi s'indova;
ma non eran da ciò le proprie penne:
se non che la mia mente fu percossa
da un fulgore in che sua voglia venne.
(Paradiso, XXXIII, 133-141)
Quasi sei secoli dopo Dante, precisamente nel 1882, il matematico tedesco Ferdinand von Lindemann scrisse la parola "fine" nella storia del quadratura del cerchio. Dimostrò infatti che π è un numero "trascendente", o, equivalentemente, non "algebrico", cioè non può essere determinato come soluzione di un'equazione del tipo P(x) = 0, dove P(x) è un polinomio di grado n con coefficienti interi.
Insomma, π è un numero strano, che salta fuori dappertutto (non solo in geometria, ma in tutti i rami della matematica), ma al tempo stesso non si lascia costruire ed afferrare in nessun modo.
Un altro celebre numero trascendente è la costante di Nepero e, base dei logaritmi naturali.
Poiché con riga e compasso è possibile costruire soltanto numeri "algebrici", la dimostrazione di Lindemann della trascendenza di π decretò anche l'impossibilità del problema della quadratura del cerchio.
Il cerchio, insomma, non si può "quadrare", e il procuratore Paravant, quindi, si affannava inutilmente su un problema impossibile. La scoperta di Lindemann, tuttavia, non ha interrotto i tentativi di determinare il valore di π con crescente precisioneche anzi continuano ancora oggi con grande fervore. L'unico limite, del quale i matematici sono ben consapevoli, è che non si potrà mai arrivare a determinare un valore esatto, e nemmeno una formula algebrica che fissi una volta per tutte quel numero sfuggente.
La grande poetessa polacca Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura nel 1996, ha dedicato una poesia all'inafferrabilità di π.

tre virgola uno quattro uno.
Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali,
cinque nove due, poiché non finisce mai.
Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,
otto nove dal calcolo,
sette nove dall’immaginazione,
e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo, ossia dal paragone
quattro sei con qualsiasi cosa
due sei quattro tre al mondo.
Il serpente più lungo della terra dopo vari metri s’interrompe.
Lo stesso, anche se dopo un po', fanno i serpenti delle fiabe.
Il corteo di cifre che compongono il pi greco
non si ferma sul bordo della pagina,
è capace di srotolarsi sul tavolo, nell’aria,
attraverso il muro, la foglia, il nido, nuvole, diritto fino al cielo,
per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.
Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!
Com'è tenue il raggio della stella che s’incurva in ogni spazio!
E invece qui due tre quindici trecento diciannove
il mio numero di telefono il tuo numero di collo di camicia
l’anno mille novecento settanta tre sesto piano
il numero degli inquilini sessantacinque centesimi
la misura dei fianchi due dita una sciarada e una cifra,
in cui vola e canta, usignolo mio
e si prega di mantenere la calma,
e anche la terra e il cielo passeranno,
ma non il pi greco, oh no, niente da fare,
esso sta lì, col suo cinque ancora passabile,
un otto niente male,
un sette non ultimo,
incitando, eh sì, incitando l'indolente eternità
a durare.
da "Grandi numeri" (1976) di Wislawa Szymborska
(traduzione di Alessandra Czeczott)
Insomma, il "corteo di cifre" di π è "capace di srotolarsi... diritto fino al cielo"; questa ineffabile infinità, oltre a ossessionare matematici di ogni epoca, è stata sfruttata a proprio vantaggio nientemeno che dal capitano Kirk in un episodio della serie classica di Star Trek.
Nella puntata "Wolf in the Fold", infatti, una misteriosa entità aliena prende il controllo del computer principale dell'astronave Enterprise, e minaccia di uccidere tutti i componenti dell'equipaggio. Kirk ordina allora al computer di calcolare π fino all'ultima cifra: di fronte all'impossibilità del compito, l'entità, per evitare di impazzire, non può fare altro che abbandonare il computer, restituendo la tranquillità a Kirk e compagni.
Che dire? Lunga vita e prosperità... a π!
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