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La divinità Mnemosine in un
dipinto di Dante Gabriel Rossetti |
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Vi sono sequenze di nomi, parole o cifre che è molto difficile riuscire a
imparare a memoria senza un qualche ausilio. Al giorno d’oggi tendiamo a
coltivare meno di un tempo le potenzialità mnemoniche del nostro
cervello: forse perché ci possiamo affidare alla disponibilità di
memorie artificiali, che ci permettono di immagazzinare enormi quantità
di dati in spazi trascurabili e di reperire le informazioni desiderate
in tempi brevissimi.
Nel passato, invece, e in particolare nell’antichità, alla capacità di
ricordare veniva attribuita un’importanza fondamentale. Non possiamo
tralasciare che a causa dell’alto tasso di analfabetismo la maggior
parte della conoscenza veniva tramandata oralmente: saper ricordare,
quindi, era a maggior ragione importante.
Celebri maestri di oratoria come Cicerone e Quintiliano riconobbero come
in questa particolare arte il “trucco” più efficace risieda
nell’associazione: per mandare qualcosa a memoria conviene cioè
escogitare un qualche legame con oggetti concreti, o immaginare di
collocare in luoghi familiari ciò che si deve ricordare. La grande rilevanza che gli antichi assegnavano alla memoria è
testimoniata anche dal fatto che Mnemosine, una delle divinità
dell’Olimpo, era la personificazione di questa facoltà della mente
umana. Figlia di Urano e della Terra, fu amata da Zeus e divenne madre
delle Muse, le nove divinità che rappresentavano le arti: in particolare
la storia, la poesia lirica, la poesia amorosa, la poesia epica
commedia, la tragedia, la danza, il mimo e, strano a dirsi, l’astronomia.
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Urania, in una statua conservata
ai Musei Vaticani |
Urania, musa dell’astronomia, era quindi figlia di Mnemosine, cioè della
memoria: evidentemente già gli antichi erano consapevoli della grande
difficoltà di tenere a memoria l’intera conoscenza delle cose celesti.
E figuriamoci nei tempi più recenti, quando le conoscenze astronomiche si sono fatte via via più vaste.
Ecco quindi le filastrocche alle quali accennavo nell’articolo del
numero 181, inventate per ricordare più facilmente certe sequenze di
interesse astronomico, come le principali classi spettrali delle stelle
(“
Oh, Be A Fine Girl: Kiss Me!”, “On Betelgeuse Astronomers Find Galactic Kings Making Lovely Tangerine Yogurts”) o i pianeti del sistema solare (“
My Very Excellent Mother Just Sent Us Nine Pies”).
Oltre agli studenti di astronomia, anche quelli di altre discipline
scientifiche possono trovare utili le tecniche di memorizzazione: ad
esempio quelli di medicina, sempre alle prese con lunghissime litanie di
tessuti, organi e apparati dai nomi complicati.
Tuttavia è forse la matematica l’ambito scientifico nel quale sono state
ideate le tecniche mnemoniche più interessanti e sfoggiati i risultati
più sorprendenti.
Vi sono per esempio alcuni numeri “speciali”, particolarmente degni di
nota per i matematici, e per questo meritevoli di essere conosciuti e
magari “imparati a memoria”. Sfortunatamente questi numeri non sono
interi. Non solo, ma dopo la virgola hanno addirittura un numero
infinito di cifre. I tre numeri più famosi di questa “famiglia” sono il
pi greco, cioè π, pari a 3,141592653…, il numero di Eulero e, uguale a
2,718281828…, e il rapporto aureo φ, uguale a 1,618033988…
Ognuno di questi numeri ha un buon motivo per essere celebre. Ad
esempio, π è il rapporto tra la lunghezza di una circonferenza e quella
del corrispondente diametro. Questo rapporto è uguale per tutti i
cerchi, siano essi grandi o piccoli. Il bello è che questo numero salta
fuori non soltanto in geometria, ma anche in innumerevoli teoremi di
analisi matematica, teoria dei numeri, calcolo della probabilità,
statistica, fisica, che non hanno alcuna parentela evidente con i cerchi
né con qualsiasi altra figura geometrica.
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Leonhard Euler, spesso italianizzato in Eulero, in una banconota svizzera |
Anche il numero di Eulero
e rappresenta una costante fondamentale della
matematica, in particolare nella branca nota come analisi matematica.
Prende il nome dallo svizzero Leonhard Euler, uno dei più grandi
matematici di ogni epoca.
Il rapporto aureo φ, detto anche sezione aurea, corrisponde al rapporto
tra due lunghezze tali per cui la più grande sta alla più piccola come
quest’ultima sta alla differenza tra le due.
Sia π che
e compaiono nell’identità di Eulero, che viene spesso definita la più bella formula della matematica:
eiπ + 1 = 0
dove i è l’unità immaginaria, pari alla radice quadrata di -1. La
bellezza di questa formula risiede nel fatto che stabilisce un
sorprendente ponte tra tutti i numeri e tutte le operazioni fondamentali
della matematica: i due speciali numeri π ed
e, l’unità immaginaria i,
lo zero (elemento neutro per l’addizione), l’uno (elemento neutro per la
moltiplicazione), l’addizione, la moltiplicazione, l’elevamento a
potenza, l’uguaglianza.
Pi greco, il numero di Eulero e il rapporto aureo sono tutti numeri
irrazionali: in altri termini, non sono uguali al rapporto tra due
numeri interi. Se π fosse esattamente uguale a 22 diviso 7, sarebbe un
numero molto meno affascinante di quello che è. I numeri razionali,
uguali al quoziente tra due interi, si dividono in due categorie: quelli
della prima categoria hanno un numero finito di cifre decimali (ad
esempio 22 diviso 8 è uguale a 2,75), mentre quelli della seconda
categoria hanno infinite cifre decimali, ma in realtà si tratta di una
sequenza finita di cifre che si ripete indefinitamente (questo è il caso
di 22 diviso 7, che è pari a 3,142857 142857 142857…).
Pitagora era convinto che esistessero soltanto numeri razionali, ma si
sbagliava di grosso. Gran parte del fascino di pi greco, del numero di
Eulero e del rapporto aureo, dipende dal fatto che si tratta di numeri
irrazionali, dotati di un corteo davvero infinito di cifre decimali,
prive di ripetizioni.
Proprio per questo motivo si tratta di numeri estremamente
inafferrabili: ogni tentativo di indicarne il valore è destinato a
essere soltanto un’approssimazione. Ecco perché questi numeri hanno
rappresentato a lungo, e rappresentano tuttora, una straordinaria
palestra per chi pratica le tecniche mnemoniche.
La cosiddetta “conversione fonetica” è particolarmente indicata per
memorizzare numeri di questo tipo: per prima cosa si utilizza una
tabella standardizzata come la seguente per convertire ogni cifra in una
particolare famiglia di consonanti.
Poi si aggiungono delle vocali tra una consonante e l’altra, allo scopi
di comporre delle parole che possano essere facilmente ricordate. Il
metodo fu ideato dal matematico tedesco Stanislaus Mink von Wennsshein e
fu divulgato dal grande matematico e filosofo tedesco Gottfried Wilhelm
von Leibniz.
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Il matematico e scrittore inglese Lewis Carroll |
Il matematico Charles Lutwidge Dodgson, più noto come Lewis Carroll,
famoso autore di “Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie”,
utilizzò la conversione fonetica per memorizzare le prime 71 cifre
decimali di π.
Provate voi stessi a “tradurre” π secondo il metodo della conversione
fonetica. Tenendo conto di 32 cifre decimali
(3,14159265358979323846264338327950) potreste ottenere qualcosa del
genere (in maiuscolo le consonanti corrispondenti alle cifre, in
minuscolo le vocali interposte, in corsivo le parti del discorso
aggiunte per chiarezza espositiva):
Una TRoTa aLPiNa voleva volare fino in CieLo, ma prima di partire si
mise la MaGLia, perché aveva paura del freddo: una vera FoBia. Arrivata
in quota incontrò un’oCa, dalla cui coda mancavano delle PiuMe. Gliele
aveva strappate uno GNoMo VoRaCe, che quando non mangia oche si sazia
divorando NoCi, noci che coglie dai RaMi coperti di MUFFA, sporcandosi
la MaNiCa vicino al PoLSo.
È proprio π il numero sul quale maggiormente si sono sbizzariti gli
esperti di tecniche mnemoniche. In inglese esiste addirittura un termine
specifico, “piphilology”, che indica l’utilizzo di metodi di questo
tipo per ricordare le cifre di π.
A parte la conversione fonetica, l’altro metodo per trasformare le cifre
decimali di numeri come π in frasi di senso compiuto è quello che
utilizza una parola per ogni cifra, scegliendo la lunghezza della parola
in modo che sia pari alla cifra stessa. Da qui espressioni come “
Ave o Roma o madre gagliarda di latine virtù che tanto luminoso splendore prodiga spargesti con la tua saggezza”, oppure “
Già: è bene e utile ricordare le dodici cifre del greco parametro”, o ancora “
Non
è dato a tutti ricordare il numero aureo del sommo filosofo Archimede.
Certuni sostengon che si può ricordare tale numero, ma questi poi non
recitano che un centone insensato”.
Questo gioco ha un dominatore indiscusso, l’ingegnere informatico
americano Mike Keith, che nel 1996 compose un poema basato sulle prime
3835 cifre di π. Il poema, intitolato “Cadaeic Cadenza”, è decisamente
uno degli esempi più impressionanti di piphilology. A quanto pare Keith
non si è accontentato del suo poema, se è vero che nel 2010 ha scritto
addirittura un libro intero, dal titolo “
Not a wake: a dream embodying π’s digits fully for 10000 decimals”, che codifica le prima 10.000 cifre di π!
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Il cinese Lu Chao |
Se da una parte esistono i poeti di π, che forniscono i testi adatti
alla memorizzazione delle sue cifre, dall’altra esistono i recordmen
dello sport dell’apprendimento mnemonico. L’attuale detentore del
primato è il cinese Lu Chao, che nel 2006, in una stupefacente
performance, riuscì a recitare a memoria ben 67.890 cifre decimali del
numero di Archimede, impiegando 24 ore e 4 minuti: secondo quanto
riferì, aveva imparato a memoria le prime 100.000 cifre, ma alla
67.891-esima commise un fatale errore, dicendo “5” anziché “0”.
Il problema del numero 181 di Moebius consisteva nel trovare il frammento dello stesso articolo in cui erano
rappresentate, mediante la tecnica del numero di lettere contenute in
ogni parola, le prime cifre di uno dei numeri famosi della matematica. Come molti lettori erano riusciti a scoprire, il frammento incriminato era il seguente:
“Il sistema è efficace: si utilizza l’iniziale di ciascuna…”.
Se contate le lettere di ognuna di queste parole, e mettete una virgola dopo la prima cifra, ottenete infatti 2,71828182, che rappresenta l’inizio del numero di Eulero e, base dei logaritmi naturali.