venerdì 22 maggio 2020

La matematica di Gianni Rodari #4: Relazioni

La parola "relazione" è ricca di significati in molti ambiti: rapporto tra più persone, collegamento tra fatti o concetti, resoconto di un'esperienza o un argomento, e così via.
In matematica, una relazione tra due insiemi A e B si definisce solitamente come un qualsiasi sottoinsieme del prodotto cartesiano A × B. Alla maggior parte delle persone una simile definizione può sembrare piuttosto misteriosa. Detto in modo equivalente, una relazione tra A e B non è altro che un elenco qualsiasi di coppie ordinate di tipo (a, b), dove a è un elemento dell'insieme A e b è un elemento dell'insieme B.

Per esempio, se A è l'insieme formato dai numeri -9, -5, 1 e 7, e B è l'insieme formato dai numeri 1, 4, 5 e 8, possiamo definire (si veda la figura a fianco) una relazione R costituita dalle coppie (-9, 1), (-5, 5), (1, 8), (7, 1) e (7, 4).
Per mostrare un esempio dotato di un significato più concreto, immaginiamo un insieme A costituito dalle persone che leggono libri e un insieme B formato dai libri. Una relazione che lega i due insiemi è la collezione delle coppie ordinate (lettore, libro) che vengono stabilite quando l'elemento "lettore" ha letto l'elemento "libro". Così, io sono un elemento di A e sono presente in tante coppie ordinate della relazione quanti sono i libri che ho letto. Nella relazione ci sarà, per esempio, una coppia (Paolo Alessandrini, "Grammatica della fantasia"). Ma ci saranno tantissime altre coppie ordinate aventi la "Grammatica della fantasia" come secondo elemento: tante quante sono le persone che hanno letto quel libro.

Cosa c'entra tutto questo discorso sulle relazioni con Gianni Rodari (a parte l'esempio sopra)?
C'entra perché, nel più volte citato capitolo 37 della "Grammatica", Rodari mostra diversi esempi di relazioni. 

Ecco un esempio divertente:
Il direttore didattico Giacomo Santucci, di Perugia, domanda regolarmente agli scolari di prima classe: - Tu hai un fratello? - Sì- - E tuo fratello ha un fratello? - No, è la bellissima e recisa risposta, nove volte su dieci.
In questo caso A e B sono lo stesso insieme, ovvero l'insieme delle persone. La relazione descritta è il legame di fraternità: la coppia (Anna, Giovanni) vi appartiene se i due elementi Anna e Giovanni sono fratelli. È evidente che si tratta di una relazione simmetrica, perché se Anna ha Giovanni come fratello, allora Giovanni ha Anna come sorella.
Invece, per esempio la relazione "sono figlio/a di" non è simmetrica.
È curioso notare come la simmetria, intesa in senso più generico, caratterizzi persino le date di nascita e morte di Rodari: 1920 e 1980, anni posti in modo simmetrico rispetto alla metà del Novecento. Ma qui rischio di scadere nella numerologia e quindi la smetto subito.
Altre due proprietà che una relazione può possedere sono la riflessività (che si ha quando qualsiasi elemento a è in relazione con se stesso) e la transitività (che si ha quando dal fatto che a è in relazione con b e b è in relazione con c, consegue che a è in relazione con c).
Quando una relazione è simmetrica, riflessiva e transitiva prende il nome di relazione d'equivalenza.

Se invece una relazione possiede le proprietà riflessiva e transitiva, ma anziché essere simmetrica è antisimmetrica (cioè se a è in relazione con b, allora b non è in relazione con a, a meno che i due elementi non siano uguali tra di loro), la relazione viene chiamata relazione d'ordine.
I classici esempi sono offerti dalle relazioni "minore o uguale di" e "maggiore o uguale di" (il lettore potrà divertirsi a verificare che queste relazioni soddisfano davvero le tre proprietà riflessiva, transitiva e antisimmetrica).
Rodari, sempre nel fatidico capitolo 37, allude alle relazioni d'ordine più volte, parlando di confronti di natura quantitativa tra oggetti, persone o luoghi ("a è più piccolo di b", "x è più basso di y", "m è più grasso di n" e così via). Anche nella fiaba "Pesa-di-più e Pesa-di-meno", tratta dalla raccolta "Venti storie più una" del 1969, si utilizzano relazioni d'ordine, questa volta legate al peso delle persone.
Tutto questo ha a che vedere anche con il concetto di misura, ma su questo tornerò più avanti, riprendendo anche la fiaba che ho appena citato.

venerdì 15 maggio 2020

La matematica di Gianni Rodari #3: Logica e Fantastica

Questa terza puntata della serie dedicata alla matematica di Rodari sarà più breve delle precedenti.
D'altra parte, la mia idea iniziale era quella di scrivere una serie di "pillole" brevi, non di articoli lunghi: altrimenti, dovendo arrivare fino a ottobre, vi annoierei per bene!

Vorrei partire questa volta da una frase che Rodari scrive nell'"antefatto" della "Grammatica della fantasia":
Un giorno, nei Frammenti di Novalis (1772-1801), trovai quello che dice: "Se avessimo anche una Fantastica, come una Logica, sarebbe scoperta l'arte di inventare". Era molto bello. Quasi tutti i Frammenti di Novalis lo sono, quasi tutti contengono illuminazioni straordinarie.
Il poeta romantico tedesco Novalis
Rodari racconta di aver trovato quel frammento quando, ancora adolescente, già insegnava italiano ai bambini, e nel tempo libero leggeva Dostoevskij e studiava tedesco. Anni dopo, insegnante alle elementari, cominciò a prendere nota in un "Quaderno di Fantastica" i meccanismi attraverso i quali gli nascevano in testa le storie che raccontava ai bambini, i trucchi che scopriva "per mettere in movimento parole e immagini". Quel quaderno, a quanto pare, fu il primo embrione di una serie di riflessioni, progetti, avvenimenti che portarono Rodari, molti anni dopo, a concepire l'idea di scrivere la "Grammatica della fantasia", ovvero una descrizione di alcuni modi in cui si possono inventare storie per bambini. Rodari lo nega, ma la Grammatica era di fatto un tentativo di fondare quella "Fantastica" di cui parlava Novalis.

Ora, il ruolo decisivo e simbolico che Rodari attribuisce a quel frammento di Novalis riflette a mio parere, l'importanza concessa dall'autore di Omegna alla logica e, più in generale, alla matematica e alla scienza.
Viviamo in un mondo in cui molti intellettuali si vantano di non capire nulla di matematica e dimostrano (in questo periodo più che mai) di non avere alcuna cognizione di cosa sia la scienza. La lezione di Rodari costituisce un grande insegnamento: il suo ragionamento era più o meno "se possiamo descrivere il mondo reale così bene usando la logica, la matematica e la scienza, potremmo descrivere il mondo della fantasia enunciando regole che non dovrebbero essere troppo diverse, almeno concettualmente, da quelle della logica, della matematica e della scienza".

In fin dei conti è un concetto molto simile a quello espresso nel capitolo 37 della Grammatica:
La novella, a sua insaputa, è anche un esercizio di logica. Ed è difficile rintracciare un confine tra le operazioni della logica fantastica e quelle della logica senza aggettivi.
Ed è anche il concetto che sta dietro un po' tutto il capitolo 37 e che viene ribadito spesso nelle opere di Rodari.
Forse è proprio per questo che trovo così stimolante parlare di matematica partendo dagli spunti offerti da Rodari: anziché allontanarsi nettamente dal mondo scientifico e matematico (come spesso molti narratori o "umanisti" si sentono autorizzati a fare), Rodari sente invece il bisogno di avvicinarsi a quel mondo, per attingere da esso ciò di cui ha bisogno per costruire le sue storie.
Logica e Fantastica, insomma, vivono pacificamente insieme.
O forse sono quasi la stessa cosa.

giovedì 14 maggio 2020

Carnevale della Matematica #140 su Notiziole di .mau.

Sulle Notiziole di .mau. è uscito oggi il Carnevale della Matematica numero 140, dedicato al tema dei giochi ("il tema 'giochi'", dice .mau., "non sarà il massimo, ma la morte di Conway me l'ha fatto venire in mente. E poi sapete bene che io amo i giochi!")

A questa edizione hanno contribuito, con interessanti post, Annalisa Santi, Roberto Zanasi, Maddmaths!, Dioniso, Math is in the Air, Gialuigi Filippelli, i Rudi Mathematici e ovviamente il padrone di casa nonché fondatore, Maurizio Codogno detto .mau.

E Mr. Palomar? Be', certo, c'è anche lui, cioè io,  con le due prime puntate della serie dedicata alla matematica di Gianni Rodari (domani dovrebbe uscire la terza, vedremo...)
Ma non basta: pare che la prossima edizione del Carnevale, la n. 141, sarà ospitata proprio da questo blog: e visto che ci sono, vi anticipo anche il tema: "storie".
Buona lettura e buon Carnevale a tutti!

mercoledì 13 maggio 2020

Ristoranti, virus e geometria

Nella seduta del 10 maggio del Comitato tecnico scientifico per l'emergenza COVID-19, è stato approvato un breve documento tecnico redatto dall'INAIL in collaborazione con l'Istituto Superiore di Sanità. In questo report vengono proposte alcune misure di sicurezza che potrebbero essere adottate nel settore della ristorazione per garantire il contenimento della diffusione del virus.
Leggendo il documento, emergono in particolare due frasi che impongono altrettante norme di distanziamento.
La prima:
Il layout dei locali di ristorazione andrebbe quindi rivisto con una rimodulazione dei tavoli e dei posti a sedere, garantendo il distanziamento fra i tavoli – anche in considerazione dello spazio di movimento del personale – non inferiore a 2 metri e garantendo comunque tra i clienti durante il pasto (che necessariamente avviene senza mascherina), una distanza in grado di evitare la trasmissione di droplets e per contatto tra persone, anche inclusa la trasmissione indiretta tramite stoviglie, posaterie, ecc.; anche mediante specifiche misure di contenimento e mitigazione.
E la seconda:
In ogni caso, va definito un limite massimo di capienza predeterminato, prevedendo
uno spazio che di norma dovrebbe essere non inferiore a 4 metri quadrati per ciascun
cliente, fatto salvo la possibilità di adozioni di misure organizzative come, ad esempio,
le barriere divisorie.
Estraendo l'essenza geometrica di queste frasi, le norme possono essere così riformulate:
1) la distanza tra un un tavolo e l'altro deve essere non minore di 2 metri;
2) la capienza massima di una sala deve essere calcolata considerando un'area di almeno 4 metri quadrati esclusiva per ciascun cliente.

Benissimo. Sulla rete e sulle testate giornalistiche sono subito apparse interpretazioni improbabili o imbarazzanti di queste norme, come ad esempio l'immagine riportata qui a destra e pubblicata, pare, su quotidiani come il Gazzettino e il Messaggero.

Già, perché tutti sanno che un quadrato con il lato di 4 metri ha un'area di 4 metri quadrati, o no?
No, ovviamente: ha un'area di 16 metri quadrati.
Evidentemente il distratto (o molto scarso in matematica?) grafico voleva scrivere "2 metri", e non "4 metri", come lato del quadrato contornato di arancione. In questo modo l'area è effettivamente di 4 metri quadrati, e la distanza tra un cliente e l'altro è di 2 metri, come richiesto dalle norme.

Ma c'è un problema. Gianluca Dotti l'ha spiegato molto bene in un suo articolo pubblicato oggi su Wired. Non dobbiamo pensare, come erroneamente ha fatto qualcuno in questi giorni, che le due norme siano l'una equivalente all'altra.

Reticolo ortorombico (o rettangolare)
Sì, è vero che possiamo immaginare una griglia regolare come quella riportata nella figura qui a sinistra, nella quale ogni punto corrisponde a un cliente e la distanza tra uno e l'altro è di 2 metri. Così facendo ogni cliente si ritrova "proprietario" di un quadrato di area uguale a 4 metri quadrati.
Il fatto è che la norma parla di tavoli e non di clienti quando enuncia la norma della distanza di 2 metri. E a ogni tavolo, normalmente, stanno più persone, mica soltanto una.

Non basta: quella griglia, che in geometria e in cristallografia (riducendoci a due dimensioni, ovviamente) sarebbe definita reticolo ortorombico (o rettangolare), nella realtà della ristorazione è un'astrazione piuttosto inverosimile: solitamente i tavoli di un ristorante o i tavolini di un bar non sono disposti così, ma secondo strutture meno ordinate.

Fonte: TGCOM24
Presupponendo che la distanza minima tra due persone sedute allo stesso tavolo sia quella, standard in questi tempi di Coronavirus, di un metro, lo schema qui a destra risulta molto più rigoroso e corretto.

Mettiamoci nei panni di un ristoratore.
Il suo problema sarà rispettare le due norme cercando nel contempo di massimizzare il numero di clienti nella sua sala.
Come segnalato anche nell'articolo di Dotti, la soluzione ottimale non è il reticolo ortorombico, ma quello che i cristallografi e i matematici chiamano reticolo esagonale (in 2D). Le api, per così dire, lo sanno bene, e non a caso costruiscono i loro favi utilizzando una struttura esagonale, che permette loro di ottenere il massimo risparmio di cera.
In questo tipo di griglia, mostrato nell'immagine sotto, ogni cliente è al centro di un esagono i cui vertici sono i clienti più vicini.
Ma poi, lo ricordo ancora, la questione è complicata dal fatto che la distanza di 2 metri vale tra tavoli diversi, non tra clienti che stanno allo stesso tavolo.


Reticolo esagonale
E comunque, l'altra norma, quella dei 4 metri quadrati, serve unicamente come criterio per determinare la capienza massima della sala, e non deve essere presa alla lettera come spazio minimo che deve essere garantito a ogni singolo cliente.

In ogni caso, come avevo preannunciato in un post di quasi un mese fa, era inevitabile che dopo le percentuali, la statistica, la probabilità, le funzioni esponenziali e le equazioni differenziali, anche la geometria salisse alla ribalta come strumento necessario per orientarci nel groviglio in cui siamo finiti per colpa del virus.
E poi dicono che la matematica non serve a niente.


martedì 12 maggio 2020

Il dizionario delle parole future: bellezza

Qualche settimana fa ho ricevuto una mail, con la quale la dottoressa Simona Rusconi, della cooperativa AttivaMente, mi ha proposto di partecipare a un progetto che mi è sembrato subito entusiasmante: il "Dizionario delle Parole Future".

La domanda che mi è stata posta è semplice quanto suggestiva: “qual è la parola che porteresti con te fuori da questa quarantena?” 
Ebbene, io ho pensato alla parola "bellezza": un concetto spesso dimenticato, ma importante e centrale.
Anche in matematica.

E ho proposto un video (lo trovate anche in fondo a questa pagina) in cui ho spiegato cosa intendo per bellezza.

Sono molto belle le parole con cui Simona ha introdotto il mio video nel sito del Dizionario:

Diciamo, quindi, che mai avrei pensato di poter inserire le parole “bellezza” e “matematica” all’interno della stessa frase. 
O, meglio, magari anche sì – per qualche strano giro o associazione mentale che non escludo di poter fare – ma sicuramente mai con una relazione diretta tra le due. 
Questo prima. 
Poi arriva Paolo Alessandrini e mi manda il suo contributo. E inizio a intravedere che (cito) “quando la complessità riesce a sciogliersi inaspettatamente nella stupefacente semplicità di una formula matematica”, allora sì. Forse anche lì si può avvertire quella sensazione che ci lascia sorpresi e smarriti, con la pelle d’oca e un senso di illuminazione e leggerezza. Che ci sembra di vedere meglio e sentirci in qualche modo più grandi di noi. 
Qualcosa che potrebbe essere definita come “bellezza”. 
Ma, in fondo, da uno che ha intitolato il suo libro "Matematica rock" qualcosa di spiazzante avrei pure dovuto aspettarmelo…

 

venerdì 8 maggio 2020

La matematica di Gianni Rodari #2: la teoria degli insiemi

Un diagramma che mostra l'intersezione tra due insiemi
Chi di voi lettori non ha mai sentito parlare di teoria degli insiemi? Pochi, credo. Fin dai primi anni della scuola elementare, gli insiemi sono stati presentati a molti di noi come una delle colonne portanti della matematica. Probabilmente, chi è andato a scuola prima degli anni Sessanta del secolo scorso non ricorda di aver mai affrontato questo argomento della matematica, mentre chi  ha cominciato il proprio percorso d'istruzione dopo gli anni Ottanta ha incontrato gli insiemi ma non li ha studiati a fondo come avevano fatto i loro genitori.
Il fatto è che anche nella didattica della matematica ci sono le mode. E la questione della teoria degli insiemi, o insiemistica, come si diceva spesso qualche decennio fa, è uno dei casi più eclatanti in questo senso.

Quando, nel 1957, i russi lanciarono lo Sputnik e misero a segno il primo punto nella partita per il predominio nello spazio, il governo degli Stati Uniti decise che si doveva correre subito ai ripari per cercare di raddrizzare le sorti del confronto con il nemico. 
Ci si rese conto che si doveva partire dalla scuola: in particolare era avvertita l'urgenza di migliorare e aggiornare i programmi scolastici delle materie scientifiche. L'incarico della riforma fu affidato alla National Science Foundation, agenzia governativa che sostiene la formazione di base nei campi scientifici non medici, la quale promosse un ambizioso progetto di riforma dei curricoli di fisica, biologia, chimica e matematica. Per quest'ultima il risultato fu il cosiddetto "New Math", un nuovo corso dell'insegnamento della matematica che prevedeva argomenti mai visti prima sui libri scolastici: l'aritmetica modulare, le disequazioni, le basi diverse da 10, le matrici, la logica simbolica, l'algebra booleana, l'algebra astratta e, appunto, la teoria degli insiemi.

Libri sul "New Math"
Il vento del cambiamento cominciò a soffiare negli stessi anni anche in Europa. Nel 1959 si tenne vicino a Parigi un convegno sul tema "Le nuove matematiche", promosso dall'OCSE, durante il quale il matematico francese Jean Dieudonné, portavoce del gruppo Bourbaki, lanciò il celebre grido "Abbasso Euclide!", sostenendo che gli insegnanti di matematica dovevano smetterla di puntare tutto sull'algebra classica e sulla geometria euclidea, e dovevano invece aprirsi a nuovi percorsi, includendo in primis la teoria degli insiemi.
La nuova matematica (molto influenzata dagli indirizzi bourbakisti) attecchì, in America come in Europa, nel corso degli anni Sessanta, raggiunse il culmine nel decennio successivo, e declinò negli anni Ottanta: nel 1985 i nuovi programmi della scuola elementare italiana indicavano esplicitamente che lo studio degli insiemi non doveva più essere considerato essenziale in matematica.
Visto che la produzione poetica di Gianni Rodari si colloca, in gran parte, nel periodo compreso tra il 1960 e il 1980, non deve stupire che la teoria degli insiemi, proprio in quegli anni divenuta popolarissima e reputata "moderna", faccia capolino più volte nelle sue opere.

Un primo esempio lo troviamo nel (già citato nella prima puntata di questa serie) capitolo 37 della "Grammatica della fantasia". Rodari lo apre così:

Un'illustrazione ispirata al "Brutto anatroccolo"
di Andersen
La famosa novella del Brutto anatroccolo di Andersen - cioè del cigno capitato per errore in un branco di anatre - può essere tradotta in termini matematici nell'"avventura di un elemento A, capitato per errore nell'insieme degli elementi B, che non trova pace fino a quando non rientra nel suo insieme naturale, quello degli elementi A..."

A Rodari interessa soprattutto mostrare come una storia apparentemente lontana anni luce dalla matematica, come può essere la fiaba di Andersen o qualsiasi altra narrazione, possa racchiudere insospettate strutture logiche, insiemistiche o aritmetiche. Poco più avanti, Rodari si pone una domanda: è lecito eseguire l'operazione opposta, cioè partire da una struttura logica, da un'idea insiemistica, e costruirvi una storia attorno? Certo, si risponde, ed ecco alcuni possibili giochi che scaturiscono da questa idea: per esempio chiedere a un bambino di enumerare gli insiemi dei quali lui fa parte e farli diventare mattoni per costruire racconti.
Ecco, questo gioco di snocciolare gli insiemi di cui facciamo parte evidentemente piaceva molto a Rodari, tanto è vero che vi fa riferimento in almeno altre due occasioni. La prima, davvero geniale, è una poesia rivolta a un pubblico adulto e intitolata appunto "Insiemi", che fu pubblicata nel 1968 dalla rivista letteraria "Il caffè" e riproposta nel 1984 nella raccolta "Il cavallo saggio".
La poesia inizia così:

Lo consolava la matematica degli insiemi.
Riflettendo sui suoi casi facilmente scopriva
di far parte di numerosi insiemi così catalogabili:
l’insieme degli uomini nati nel 1920,
l’insieme degli uomini nati nel 1920 tutt’ora viventi,
l’insieme di tutti i nati,
l’insieme di tutti i mancini,
l’insieme degli epatopatici,
l’insieme degli addetti al commercio,
l’insieme degli addetti al lavoro,
l’insieme delle persone che portano l’orologio al polso,
l’insieme dei mammiferi,
l’insieme dei bipedi
(di questi due insiemi egli occupava saldamente l’intersezione
senza l’imbarazzo di chi tiene il piede in due scarpe),
l’insieme degli abitanti della via Lattea,
la cui tabulazione sarà possibile
solo a completamento della sua esplorazione,
l’insieme di coloro che hanno schifo dei ragni,
l’insieme degli utenti della strada,
l’insieme degli italiani sopravvissuti alla seconda guerra mondiale,
l’insieme degli italiani che temono la terza,
l’insieme degli europei che abitano a sud di Francoforte sul Reno ma a nord del Busento,
a ovest di Saint-Tropez ma a est di Salonicco (...)

E avanti così, con una elencazione strepitosa e divertentissima, che fa uso anche di una terminologia tecnica appropriata, come in questo passaggio che tratta di "corrispondenza biunivoca":

l’insieme dei compratori di cravatte
(che non sta in corrispondenza biunivoca
con l’insieme dei portatori di cravatte,
stanteché molte mogli comprano cravatte ma non le portano
e molti mariti portano cravatte ma non le comprano)

oppure nel successivo frammento, dove si parla anche di insiemi infiniti, di sottoinsiemi, di insiemi disgiunti, di insiemi complementari, di insiemi vuoti (in questi ultimi Rodari inserisce anche un bell'esempio numerico e uno geometrico):

Col tempo si rese conto, non senza un sentimento di orgoglio,
di essere un elemento di un insieme infinito
quale è certamente al di là di ogni meschino dubbio
l’insieme degli uomini reali e degli uomini immaginari.
Scoprì con gioia di far parte di numerosi sottoinsiemi,
di insiemi universali,
di insiemi disgiunti,
di insiemi complementari.
Lo entusiasmò la certezza che mai, per soffiar di venti,
sarebbe precipitato in un insieme vuoto,
quale l’insieme degli uomini alti diciotto metri,
l’insieme dei presidenti della R. I. eletti prima del 1940,
l’insieme dei numeri pari divisori di tredici,
l’insieme dei ramarri parlanti, l’insieme dei rettangoli con cinque angoli,
l’insieme delle chitarre che fumano la pipa
e quello delle pipe che suonano la chitarra.

Rodari riesce addirittura a toccare il pericoloso concetto di "insieme di insiemi":

La celebre reinterpretazione in chiave "cinematografica"
del confronto tra Frege e Russell, realizzata da
Marco Fulvio Barozzi detto Popinga
Come avrebbe potuto sentirsi mai solo,
o temere per le sue difese personali,
contemplando l’insieme di tutti i suoi insiemi,
vedendolo crescere a vista d’occhio,
docile ai suoi comandi?

La possibilità di un qualsiasi insieme di insiemi fu implicitamente ammessa dal grande logico tedesco Gottlob Frege mediante il suo "principio di comprensione" (esso postulava che è lecito definire un insieme come aggregato di tutti e soli gli elementi che godono di una certa proprietà). Nel 1902 il filosofo e matematico inglese Bertrand Russell inviò a Frege una lettera con la quale mostrava che in base al principio di comprensione sarebbe stato possibile definire un insieme formato da tutti gli insiemi che non contengono se stessi come elementi, e se ci chiediamo se questo insieme contiene se stesso oppure no, ci accorgiamo che entrambe le possibili risposte generano una contraddizione. La scoperta di questo "bug" nel principio di di comprensione gettò Frege in una profonda costernazione.

La trovata della lista degli insiemi viene riproposta da Rodari nel 1978 nel romanzo breve "C'era due volte il barone Lamberto". Nel poscritto 1, alla fine del primo capitolo, Rodari annota:

Rileggendo l'elenco delle collezioni del barone Lamberto mi accorgo di aver dimenticato: la collezione di carta igienica, quella dei fischietti da capostazione, quella delle cravatte per giraffa...
Ho conosciuto un tale di Massafiscaglia che faceva collezione di insiemi. "Stia bene attento, - mi spiegò una volta; - riflettendo sui miei casi ho scoperto di far parte dei seguenti insiemi: l'insieme degli uomini nati nel 1918, l'insieme degli uomini nati nel 1918 e tuttora viventi, l'insieme di tutti i nati, l'insiemi di tutti i mancini (...)

e avanti così, riutilizzando alcuni degli insiemi della poesia di dieci anni prima, in versione semplificata e adatta a un pubblico di ragazzi, fino a terminare in questo modo:

Ogni giorno aggiungo alla mia collezione nuovi insiemi e numerosi sottoinsiemi. Potrò mai sentirmi solo? Eserciti innumerevoli corrono al mio soccorso da tutte le parti del cosmo... Purtroppo non potrò mai far parte dell'insieme dei miei mobili. Da due settimane mi sforzo invano di far parte dell'insieme dei fiori finti. Mi potrebbe dare una mano?

venerdì 1 maggio 2020

La matematica di Gianni Rodari #1: Conway e il "Game of Life"

Gianni Rodari (1920-1980)
Qualche giorno fa ci ha lasciati il grande matematico inglese John Horton Conway, tra i più brillanti degli ultimi decenni.
Conway è stato anche un gigante della matematica ricreativa e inventore di numerosi geniali giochi matematici.
Che Conway vanti molte citazioni su articoli specialistici di matematica o in saggi scientifici divulgativi, non sorprende nessuno.
Credo tuttavia che una citazione risulti, per molte persone, sconosciuta e anche piuttosto sorprendente: il nome di Conway compare nientemeno che nel celebre saggio di Gianni Rodari "Grammatica della fantasia. Introduzione all'arte di inventare storie" (Einaudi, 1973).
Il riferimento all'accademico inglese è contenuto in una delle diciassette brevi "schede" che Rodari mise in fondo al volume, a integrazione dei quarantaquattro capitoli dell'opera.
Perché questa citazione?

Parto da un dato di fatto: Rodari era un grande appassionato di scienza, come traspare dalla sua opera letteraria, e leggeva regolarmente riviste come "Le Scienze".
Qualche anno fa un ottimo giornalista scientifico come Pietro Greco ha esplorato le incursioni rodariane nel mondo della scienza in un libro intitolato "L'universo a dondolo. La scienza nell'opera di Gianni Rodari" (Springer, 2011). Greco ha osservato che Rodari studiava "con sistematicità il rapporto complesso e bidirezionale tra scienza e fantasia. Nella convinzione che non solo la scienza serve alla fantasia, ma che la fantasia serve alla scienza".

La "Grammatica della fantasia",
capolavoro di Rodari
A Rodari questo mutuo legame stava molto a cuore. Se esploriamo il mondo della scrittura e delle trame, possiamo scoprirvi innumerevoli spunti di carattere scientifico, talvolta inseriti intenzionalmente, altre volte no. In questo senso la scienza serve alla fantasia. Più in particolare, Rodari ha spesso individuato nelle narrazioni di altri autori, e inserito nelle proprie, richiami di tipo matematico, legati per esempio alla logica, alla teoria degli insiemi, alla geometria.
Nel capitolo 37 della "Grammatica", intitolato significativamente "La matematica delle storie", Rodari si occupa proprio di mostrare come le strutture logico-matematiche ricorrono frequentemente nelle trame delle storie.

La scheda "Le storie della matematica" si apre con una di quelle frasi che da sole aprono alla mente sconfinati universi:

Accanto a una "matematica delle storie" (vedi cap. 37) ci sono anche delle "storie della matematica".

Ecco, Rodari suggerisce ora di capovolgere il punto di vista e di cercare non più la matematica nelle narrazioni, ma le narrazioni all'interno della matematica. Più in generale, come osserva Greco, "la fantasia serve alla scienza".

È una riflessione acuta e modernissima, questa di Rodari.
Fondamentale per chi, come me, fa il divulgatore e il docente, e deve ideare forme e modalità adatte per veicolare argomenti e concetti che spesso sono oggettivamente difficili per la gran parte del pubblico. Saper trasformare in narrazione ciò che solitamente viene pensato in una forma totalmente diversa, astratta e formale, può rappresentare un'arma vincente, uno strumento comunicativo di enorme efficacia.
In classe io l'ho constatato molte volte: quando riesco a proporre un argomento matematico sotto forma di storia, ottengo sempre risultati apprezzabili, a volte ottimi. La narrazione attiva nella mente di chi ascolta meccanismi emotivi che innalzano di molto l'attenzione e l'interesse.
Ecco allora che, anziché introdurre i numeri irrazionali con un approccio formale, lo si può fare raccontando la vicenda dei pitagorici alle prese con la scoperta dell'incommensurabilità tra le lunghezze del lato e della diagonale del quadrato. Invece di spiegare il calcolo combinatorio attraverso le definizioni tradizionali, si può partire dalla copertina di "Help!" dei Beatles, come ho fatto in "Matematica rock". E così via.
Ma naturalmente Rodari non si riferiva soltanto a un atteggiamento "narrativo" della trasmissione della scienza. Intendeva, più in generale, che la scienza e la matematica possono racchiudere, al loro interno, germi di storie: che questi vengano portati in superficie e sfruttati da insegnanti e divulgatori, è un'altra questione.
Si tratta, in fin dei conti, della stessa tesi che è stata sviluppata nel bellissimo "Matematica come narrazione" di Gabriele Lolli (Il Mulino, 2018), in cui si mostra come (cito dal risvolto di copertina) "nei programmi di grandi matematici i concetti sono i protagonisti di una fiaba che combina nuove idee in moduli ricorrenti, quelle tecniche del ragionamento che sono nate dalla retorica e dalla poesia greca".

L'autore delle "Favole al telefono" ha insistito più volte sulla bidirezionalità storie-fantasia, declinandola spesso in chiave matematica: per esempio, nel capitolo 44 della "Grammatica", troviamo una delle sue frasi più famose:

Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe.

John H. Conway (1937-2020)
L'esempio di storie utili alla matematica che Rodari propone nella scheda chiama direttamente in causa John Conway:

Chi segue la rubrica Giochi matematici di Martin Gardner nella rivista "Scienze" (edizione italiana dello "Scientific American") mi ha già capito. I "giochi" che i matematici inventano per esplorare i loro territori, o scoprirne di nuovi, assumono spesso la caratteristica di "fictions" che stanno a un passo dall'invenzione narrativa. Ecco per esempio il gioco denominato "Vita", creato da John Norton Conway, un matematico di Cambridge ("Scienze", maggio 1971). 

Come lettore de "Le Scienze", il grande scrittore di Omegna apprezzava in particolare la rubrica "Giochi matematici", curata dal 1957 al 1980 (e anche successivamente, ma in modo non regolare) dal grande Martin Gardner. Se Rodari non fosse scomparso nel 1980, ancora cinquantanovenne, avrebbe sicuramente trovato illuminanti anche i "Metamagical Themas" (1981-1983) di Douglas Hofstadter e le "Computer/Mathematical recreations" di Alexander Dewdney (1984-1991).

La copertina del "Scientific American "
di ottobre 1970
Nel numero 223/4 (ottobre 1970) del "Scientific American", la rubrica "Mathematical Games" proponeva un articolo intitolato "The fantastic combinations of John Conway's new solitaire game 'Life'". "Le Scienze" pubblicò la traduzione italiana nel numero di maggio 1971, citato da Rodari.
Il "Game of Life" creato da Conway è il più celebre degli automi cellulari: la semplicità delle sue regole, combinata alla meravigliosa complessità delle strutture che riesce a generare, lo rendono uno degli esempi più stupefacenti di bellezza matematica.
In questo vecchio post avevo brevemente parlato di alcune delle sue proprietà.

Che cosa c'entrano le storie con il gioco di Conway? Lo stesso Rodari lo chiarisce benissimo subito dopo:

Esso consiste nel simulare sul calcolatore la nascita, la trasformazione e il declino di una società di organismi viventi. In questo gioco le configurazioni inizialmente asimmetriche tendono a diventare simmetriche. Il professor Conway le chiama: "l'alveare", "il semaforo", "lo stagno", "il serpente", "la chiatta", "la barca", "l'aliante", "l'orologio", "il rospo", ecc. Egli assicura che esse costituiscono "un meraviglioso spettacolo da osservare sullo schermo del calcolatore": uno spettacolo in cui, in fin dei conti, l'immaginazione contempla se stessa e le proprie strutture.

Io me lo immagino, il grande Rodari, a casa sua, nel maggio del 1971, intento a leggere l'articolo di Gardner e fantasticare sui pattern del "Game of Life". Chissà se per un attimo ha anche pensato di ambientare uno dei suoi racconti nel meraviglioso automa cellulare di Conway, facendo muovere rospi, barche, semafori e alianti in una delle sue storie geniali.

Quest'anno si celebra il centenario della nascita di Gianni Rodari. Lo scorso 14 aprile è stato il quarantennale della sua morte.
Ho deciso di offrire un piccolo contributo alla memoria di questo nostro grande autore pubblicando, con cadenza all'incirca settimanale (l'idea è di uscire ogni venerdì), un post dedicato alla "Matematica di Gianni Rodari". Questo è il primo.
L'ultimo coinciderà con il giorno del centenario, il 23 ottobre.
Spero che vi piaceranno.

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