mercoledì 26 aprile 2017

Gramellini, la matematica e la memoria

Nella rubrica del Corriere della Sera intitolata "Il caffè", Massimo Gramellini ci dispensa ogni giorno una pillola di saggezza delle sue. Spesso le riflessioni gramelliniane sono argute e azzeccate, ma talvolta stonano un poco.
Nella tazzina di oggi, intitolata "Maturità alla memoria", il noto giornalista affronta il tema della verifica scritta di matematica prevista come seconda prova dell'esame di stato del liceo scientifico. La notizia da cui Gramellini prende le mosse è descritta in un altro articolo del Corriere: un gruppo di studenti lancia una petizione sul sito Change.org, per chiedere al Ministero dell'Istruzione l'abolizione del divieto di utilizzare formulari durante la prova di matematica, in analogia con quanto avviene durante i compiti di italiano, in cui è consentito l'uso di dizionari.

Ecco un passaggio della petizione:
"Ci sembra più che anacronistica l’assenza di un formulario scientifico nell’elenco degli strumenti utilizzabili. A nostro parere una prova di maturità dovrebbe valutare le capacità e le competenze che lo studente ha sviluppato nel corso dei suoi studi senza che la 'forza bruta' della memoria filtri l’effettiva validità di tali capacità, le quali dovrebbero risiedere nell’abilità di analisi, riconoscimento e di risoluzione di determinati problemi specifici, e non nella difficoltà di ricordare a memoria formule e procedure sistematiche non inerenti alle competenze, ma al puro immagazzinamento di pratici mezzi di risoluzione".
Il Ministero, nella persona del sottosegretario Vito De Filippo, ha respinto la richiesta (che nel frattempo aveva trovato un sostegno politico in un esponente del Movimento 5 Stelle), fornendo motivazioni a mio parere abbastanza ragionevoli e condivisibili.

Nel suo Caffè, Gramellini plaude alla decisione ministeriale, ribadendo l'importanza della memoria nella crescita dei nostri ragazzi e profetizzando che il governo "perderà in blocco il voto dei diciottenni, perché nel Paese dei balocchi e degli 'aiutini' chi promette scorciatoie risulta ovviamente più simpatico dei cultori della fatica".
E fin qui nulla di strano, o di criticabile. Il fatto è che Gramellini si perde poi in un elogio compiaciuto, e a suo stesso dire "conservatore", della memoria, quasi che imparare la matematica si riducesse, in un ultima analisi, nella memorizzazione di una lunga lista di "regole" e di formule, da applicare acriticamente per risolvere i problemi. Lasciamo perdere il passaggio in cui l'editorialista se la prende con i computer e quello in cui impreca contro il Sessantotto: il punto fondamentale sul quale, secondo me, vale la pena di riflettere è l'immagine falsata che molte persone, Gramellini compreso, hanno della matematica.

Il mio professore di Analisi 1 e di Analisi 2 all'università, del quale ho già raccontato qualche aneddoto, spiegava che lui le "formule" mica le sapeva tutte a memoria. "Però me le so ricavare", diceva.
Il fatto è che saper ricavare una formula, o, detto in maniera più appropriata, dimostrare un teorema, richiede di aver capito quel teorema. Ecco il punto. È giusto proibire l'uso dei formulari durante la prova della maturità perché l'essenza della matematica non può essere condensata in un bignami di formule pronte all'uso. Ed è giusto far capire ai ragazzi (per lo meno agli studenti del quinto anno del liceo scientifico) che ciò che conta non è mandare a memoria la regoletta, ma comprendere, il più profondamente possibile, il "mondo" che sta attorno a quella regoletta: in questo modo, dovesse la regoletta scomparire dalla memoria, è agevole ricavarla nuovamente proprio perché è stato compreso il ragionamento associato.

Se uno studente impara a memoria, senza alcuno sforzo di capirne il senso ultimo, la formula del quadrato del binomio:
corre ovviamente il forte rischio di dimenticarla nel momento della necessità. Ma se lo studente si spinge appena al di là della scatola nera della formula, e si ricorda (ecco una forma più "nobile" di memoria) che elevare un oggetto al quadrato significa moltiplicare quell'oggetto per se stesso, sarà immediato arrivare a scrivere:

e quindi


Ecco che la formula viene ricavata anche se lì per lì era stata dimenticata. Di fatto lo studente ha dimostrato un teorema. E cos'è la matematica se non dimostrare teoremi?

L'uso della memoria che Gramellini sembra caldeggiare per imparare la matematica è un utilizzo acritico e nozionistico, l'esatto contrario di quello che serve davvero. Un po' come imparare a memoria poesie senza capire cosa vogliono dire. Può essere utile, certo, per allenare la memoria, ma allora tanto varrebbe esercitarsi con l'elenco telefonico. Se si tratta di imparare davvero la matematica, forse è il caso di provare a capirla, e non solo di memorizzare "regole", anche perché alla lunga questo esercizio sterile finirebbe per fare odiare questa disciplina, e nasconderebbe gli aspetti più gratificanti.

Certo, non si può pretendere che tutti capiscano (tutta) la matematica. Per qualcuno (molti, forse) può essere saggio non andare troppo oltre la memorizzazione di formule pronte all'uso: addentrarsi troppo nel senso profondo e nelle dimostrazioni potrebbe rappresentare una inutile forzatura. Così come quasi tutti possono riuscire a imparare a memoria l'"Infinito" di Leopardi, ma non per tutti è facile capirne il significato profondo.
Tuttavia, il ragionamento può essere per fortuna applicato a vari livelli. E comunque la petizione si riferiva agli studenti di quinta liceo scientifico. Quei ragazzi dovrebbero uscire dalla scuola sapendo che la matematica non è un insieme di formule, ma è piuttosto un universo di ragionamenti creativi, di intuizioni, di deduzioni: queste cose possono portare, è vero, anche a formule utilizzabili per risolvere problemi ed esercizi, ma la matematica, per fortuna, non è solo questo.

domenica 23 aprile 2017

Gli enigmi di Coelum: Il primo della classe

Ritratto di Carl Friedrich Gauss pubblicato sull'”Astronomische 
Nachrichten” nel 1828.
Tornano gli enigmi di Coelum: il protagonista di questa puntata è uno dei più grandi matematici della storia: Carl Friedrich Gauss (1777-1855). Nato da una famiglia di umile estrazione sociale, dimostrò fin dalla più tenera età la sua straordinaria propensione per la matematica e per le scienze in genere. A scuola, raccontano le cronache, si annoiava perché sapeva già tutto, avendo imparato da solo formule e regole matematiche, e non di rado arrivava a correggere il maestro.
È famoso l’aneddoto secondo il quale, all’età di nove anni, riuscì a risolvere in pochi secondi un problema che il maestro aveva assegnato alla classe allo scopo di tenere occupati i ragazzi per buona parte dell’ora di lezione. L’esercizio consisteva nel sommare tutti i numeri interi da 1 a 100. Probabilmente la maggior parte delle persone, di fronte a questo compito, non troverebbe niente di meglio da fare che eseguire pazientemente tutte le 99 addizioni, una dopo l’altra, arrivando infine al risultato richiesto.
Ma fare matematica, come dico sempre, non è fare conti, ma trovare regolarità e strutture. Il giovanissimo Gauss trovò nel problema una regolarità comodissima per arrivare alla soluzione senza impazzire con i calcoli: si accorse che la somma del primo numero, 1, e dell’ultimo numero, 100, era uguale alla somma del secondo numero, 2, e del penultimo, 99, e anche a tutte le altre somme costruibili in modo analogo spostandosi verso la somma centrale (50+51) arrivando contemporaneamente da sinistra e da destra. La somma complessiva, comprese Gauss, si ottiene quindi sommando 50 volte la somma parziale 101, ed è quindi pari a 5050.
L’insegnante di Gauss, resosi conto del genio precoce del ragazzo, lo segnalò al duca di Brunswick, il quale finanziò i suoi studi al Collegium Carolinum tra il 1792 e il 1795. Successivamente Gauss frequentò l’università di Gottinga, dove ottenne una serie di importanti risultati, tra i quali spiccano quelli inerenti alla geometria e all’invenzione dell’arimetica modulare.

Nel 1796 formulò, senza dimostrarla, la congettura nota come teorema dei numeri primi, sulla quale tornerò più avanti. Tre anni dopo, nella sua tesi di dottorato, dimostrò il teorema fondamentale dell’algebra, secondo il quale un qualsiasi polinomio di grado maggiore o uguale a 1, con coefficienti reali o complessi, ammette almeno una radice reale o complessa. Quest’ultimo risultato, anche se Gauss lo dovette precisare e perfezionare negli anni successivi, fu particolarmente rilevante, anche perché molti brillanti matematici del passato, tra cui il grande Eulero, avevano tentato di dimostrare il teorema senza mai riuscirci.
Nel 1801 pubblicò il famoso trattato Disquisitiones Arithmeticae, che raccoglieva molte delle fondamentali innovazioni ottenute negli anni precedenti nel campo della teoria dei numeri (cioè dell’aritmetica): una di queste fu l’introduzione dei numeri immaginari e complessi, che qualche lettore ricorderà di avere studiato a scuola o all’università.
Il geniale matematico tedesco soffriva di una strana malattia: il perfezionismo. Quando trovava una dimostrazione, non la pubblicava se non arrivava ad essere assolutamente certo della sua perfezione. Inoltre era ossessionato dalla possibilità che altri potessero rubargli le scoperte, e per questo appuntava le sue idee in modo criptico, così che nessuno potesse comprenderne il reale significato.

Giuseppe Piazzi
La scoperta di Cerere
Cerere, l'asteroide più grande della fascia principale del Sistema solare, oggi considerato pianeta nano, fu scoperto casualmente il 1° gennaio 1801 (il primo giorno del XIX secolo) dall’astronomo italiano Giuseppe Piazzi, presso l’Osservatorio Nazionale del Regno delle Due Sicilie a Palermo.
Piazzi non riuscì a seguire a lungo il moto di Cerere, perché l’11 febbraio l’asteroide entrò in congiuzione diventando invisibile dalla Terra. L’astro andò così perduto, e lo stesso Piazzi, non del tutto convinto di avere scoperto un nuovo pianeta, minimizzò annunciando di avere trovato semplicemente una cometa. Le osservazioni di Piazzi furono comunque pubblicate nel settembre 1801, e il ventiquattrenne Gauss entrò subito in possesso di questi dati.
Il matematico tedesco sviluppò un nuovo metodo, basato sui minimi quadrati, per determinare la traiettoria completa di un astro utilizzando tre sole osservazioni. Applicando questa tecnica al caso dell’asteroide perduto, Gauss riuscì a predire l’orbita di Cerere e i suoi calcoli condussero alla riscoperta dell’astro il 31 dicembre 1801, ad opera di Franz Xaver von Zach e Heinrich Olbers.
L’anno che si era aperto con la scoperta casuale di Piazzi si concludeva con il felice ritrovamento dell’asteroide, grazie al genio di Gauss.

Ritratto di Carl Friedrich Gauss, ad opera di
Christian Albrecht Jensen.
Numeri primi
Che cos’è un numero primo? Semplicemente un numero naturale che non può essere diviso per nessun altro numero naturale se non per 1 e per se stesso. Per esempio, 5 è un numero primo, perché non ammette divisori che non siano 1 o 5, mentre 6 non lo è, perché può essere diviso per 2 e per 3, oltre che per 1 e 6.
Il grande matematico greco Euclide dimostrò che i numeri primi sono infiniti, cioè scelto un certo numero naturale N si può sempre trovare un numero primo più grande di N.
I numeri primi sembrano collocati in modo disordinato lungo la linea dei numeri naturali. Non è per nulla facile individuare una regolarità, una legge semplice che governi la loro distribuzione.

Il teorema dei numeri primi, congetturato per la prima volta da Gauss nel 1796, descrive in modo approssimato come i numeri primi siano distribuiti tra i numeri naturali. In particolare, afferma che, scelto un numero reale positivo x, la quantità di numeri primi minori o uguali a x può essere stimata approssimativamente come x diviso il logaritmo naturale di x.
Man mano che ci spinge verso valori di x più grandi, l’approssimazione fornita dal teorema risulta sempre più accurata.
Gauss intuì che il teorema era veritiero, ma non trovò il modo di dimostrarlo rigorosamente, cosa che invece riuscì cent’anni dopo la prima formulazione, grazie ai due matematici Hadamard e de la Vallée Poussin.

La copertina delle “Disquisitiones Arithmeticae”
Il teorema fondamentale dell'aritmetica
Nelle “Disquisitiones Arithmeticae” del 1798, Gauss dimostrò per la prima volta il teorema fondamentale dell’aritmetica, secondo il quale:
Ogni numero naturale maggiore di 1 o è un numero primo o si può esprimere come prodotto di numeri primi. Tale rappresentazione è unica, se si prescinde dall’ordine in cui compaiono i fattori.
Che cosa significa questa affermazione? Prendiamo un numero come 5. Si tratta di un numero primo, e quindi ci troviamo nel primo caso. Prendiamo invece 6. Dato che questo non è un numero primo, il teorema ci assicura che possiamo esprimerlo come prodotto di numeri primi. In effetti possiamo scrivere 6 = 2 × 3, e i numeri 2 e 3 sono primi. Ma il teorema ci dice un’altra cosa ancora più importante: che non possiamo trovare un’altra fattorizzazione di 6 in numeri primi, prescindendo dall’ordine dei fattori. In altre parole, è vero che possiamo anche scrivere 6 = 3 × 2, ma questa non è una diversa fattorizzazione: è un modo diverso di scrivere quella di prima, con i fattori riportati in ordine diverso.
Il solito Euclide, negli “Elementi”, aveva dimostrato che ogni numero è primo oppure fattorizzabile in numero primi, ma non era arrivato rigorosamente a provare l’unicità della fattorizzazione. Vi si era avvicinato molto, ma fu Gauss a dimostrare per primo questa verità fondamentale della matematica.
Per evitare il “fastidio” derivante dai diversi ordini in cui i fattori primi possono essere elencati, i matematici hanno stabilito una convenzione, semplice quanto ovvia: i fattori devono essere scritti in ordine crescente, dal più piccolo al più grande, eventualmente ripetendo quelli che compaiono più volte.
I seguenti sono quindi esempi di fattorizzazioni scritte bene: 6 = 2 × 3, 60 = 2 × 2 × 3 × 5, 100 = 2 × 2 × 5 × 5.
Si pone a questo punto una vecchia e spinosa questione: anche 1 è un numero primo?
Teoricamente, se dovessimo attenerci unicamente alla definizione che ho dato sopra, dovremmo dire di sì. Ma considerare 1 come primo comporterebbe un grosso guaio: ogni fattorizzazione non sarebbe più unica, perché potremmo sempre aggiungere una quantità indefinita di uni all’inizio della fattorizzazione stessa. Avremmo cioè 60 = 2 × 2 × 3 × 5, ma anche 60 = 1 × 2 × 2 × 3 × 5, 60 = 1 × 1 × 2 × 2 × 3 × 5, 60 = 1 × 1 × 1 × 2 × 2 × 3 × 5, e così via all’infinito.
Per evitare questo fastidio, e per restituire validità al teorema fondamentale dell’aritmetica, i matematici hanno stabilito per convenzione che 1 non è primo.

Il problema prooposto e la soluzione
L’enigma di Coelum 185 proponeva di sfruttare il teorema fondamentale dell’aritmetica per costruire una specie di codice segreto utile per cifrare un messaggio. Se ciascun numero intero può essere fattorizzato in uno e in un solo modo, perché non usare questa “firma” unica per trasformare un numero in un messaggio cifrato? Per esempio, il numero 42042 viene fattorizzato come 2 × 3 × 7 × 7 × 11 × 13, e quindi la sua firma è costituita dai fattori 2, 3, 7, 7, 11, 13.
Se, a questo punto, ci inventiamo liberamente una tabella di corrispondenza che associ ogni numero primo a una lettera dell’alfabeto, la fattorizzazione si tramuta in una successione di lettere.
Immaginiamo che i numeri primi siano associati alle lettere secondo l’ordine alfabetico: il 2 corrisponderà alla lettera A, il 3 alla B, il 5 alla C, il 7 alla D, l’11 alla E, e così via.
Secondo questa chiave, il nostro numero 42042 viene codificato come ABDDEF.
Naturalmente non è necessario che scorrendo la tabella di corrispondenza in modo che i numeri primi crescano, le lettere vengano assegnate in ordine alfabetico. In altre parole, andrebbe benissimo anche una tabella in cui al 2 corrisponda la lettera M, al 3 la lettera F, al 5 la lettera Q, eccetera, così come qualunque altra tabella di corrispondenza che ci venga in mente.
L’unico (grave) inconveniente di questo metodo di crittazione è che le lettere sono soltanto 26 (considerando l’alfabeto inglese), e quindi possiamo arrivare al massimo al numero primo 101. Un numero come 2884, che si fattorizza come 2 × 2 × 7 × 103, non potrebbe essere codificato perché ci mancherebbe la lettera corrispondente al fattore 103.
L’enigma proposto, comunque, non incorreva in questo problema.
Vediamo i termini del problema. Una certa tabella di corrispondenza è stata stabilita, ma noi non la conosciamo a priori. Sappiamo solo che:
il numero 575795 viene codificato come “TERRA”
il numero 18 viene codificato come “ISS”
il numero 147407 viene codificato come “LUNA”.
Quale numero viene codificato con la parola “STELLA”?

Per risolvere il quesito, basta trovare le fattorizzazioni dei tre numeri proposti.
Il numero 575795 è sicuramente divisibile per 5 (lo riconosciamo dalla sua ultima cifra, 5): dividendolo per 5 otteniamo 115159. Come procedere ora? Abbiamo in mano un numero dispari, quindi il 2 non è tra i divisori. Nemmeno 3, 5 o 7 vanno bene, e lo possiamo verificare provando le rispettive divisioni, e osservando che escono risultati non interi. Il numero 11, invece, va bene: dividendo 115159 per 11 otteniamo il numero intero 10469. Continuando così, scopriamo che i successivi fattori primi sono 19, ancora 19, e infine 29. La fattorizzazione completa di 575795 è quindi 5 × 11 × 19 × 19 × 29.
Guardiamo la parola corrispondente: “TERRA”. La lettera T è dunque associata al numero 5, la lettera E all’11, la lettera R al 19, e la lettera A al 29.
Fattorizzare 18 è molto più facile: si trova subito che è uguale a 2 × 3 × 3: dato che la codifica letterale è “ISS”, ecco che la lettera I è associata al 2, e la lettera S al 3.
Ci rimane il numero 147407: utilizzando ancora il solito algoritmo di fattorizzazione, scopriamo che esso equivale a 13 × 17 × 23 × 29. La parola corrispondente è “LUNA”: ritroviamo correttamente la A associata al numero primo 29, e inoltre arricchiamo la nostra tabella con le corrispondenze L = 13, U = 17, N = 23.
Abbiamo ora tutti gli ingredienti necessari per risolvere il problema, cioè per decodificare la parola “STELLA”. Conosciamo già i numeri correlati alle lettere di queste parola: la S corrisponde al 3, la T al 5, la E all’11, la L al 13, e la A al 29.
Il prodotto 3 × 5 × 11 × 13 × 13 × 29 dà come risultato 808665, che quindi è il numero cercato.

La top ten dei miei video su YouTube (1° posto)

Rullo di tamburi! Eccoci finalmente in vetta! E, devo dire, la vetta della classifica dei miei video su YouTube appare per il momento davver...