sabato 6 luglio 2013

Dino Buzzati e i numeri primi

Dino Buzzati
Le apparizioni di tematiche scientifiche negli scritti di Dino Buzzati sono molto più rare di quanto accada nell'opera di altri scrittori, come ad esempio Italo Calvino.
Eppure, soprattutto nel corpus degli articoli che il grande scrittore e giornalista firmò per il Corriere della Sera, emergono alcune perle di straordinario interesse.
Tra il 1958 e il 1971, ad esempio, Buzzati scrisse alcuni meravigliosi pezzi riguardanti le imprese spaziali dell'epoca, raccontando in particolare la conquista americana della Luna grazie al programma Apollo.
Mi direte che questa non è proprio scienza pura, e meno che meno matematica. Ok, volete la matematica in Buzzati? Subito serviti. Nella raccolta "Cronache terrestri", pubblicata nel 1972, l'anno della morte dello scrittore, si trova un articolo intitolato "Un affascinante enigma matematico", nel quale Buzzati riferisce un curioso episodio accaduto nel 1911.
Lasciamolo raccontare allo stesso autore.

Il signor Luigi Poletti, di 47 anni, da Pontremoli, impiegato di banca, va a trovare un vecchio amico di famiglia, il professor Gino Loria, insegnante di storia della matematica. Siamo a Genova, nel 1911.
Seduto nello studio, mentre parla di cose indifferenti, distrattamente Poletti tira a sé un libro rilegato, largo e basso, una specie di atlante. Lo apre a caso: le pagine sono tutte piene di numeri, disposti in caselle regolari. Lo apre ancora più avanti: ancora numeri.
"Che cos'è?" chiede Poletti tanto per dire qualche cosa.
"Mi è arrivato proprio oggi" dice Loria. "È un lavoro americano. Immagina: l'elenco di tutti i numeri primi compresi nei primi dieci milioni."

"Numeri primi?"
"Eh, se non sbaglio, tu hai fatto due anni di matematica all'Università, dovresti saperne qualche cosa."


A questo punto Buzzati, da grande scrittore qual era, regala una gustosissima spiegazione di cosa siano i numeri primi al lettore che avesse dimenticato completamente la matematica imparata a scuola.

I numeri primi che si possono dividere soltanto per se stessi o per l'unità, i numeri per dire così tutti di un pezzo insolubili.
L'1, il 3, il 7, l'11, il 13, il 17, il 19, il 23 e così via. Paragonabili a quello che nel campo della chimica sono i corpi semplici.
Prendete per esempio il 29: provate un po' a scomporlo, a dividerlo. Niente, rimane duro come un blocco di granito. Sì, potete dividerlo per 1, scomporlo in unità. Ma l'unità non è veramente un divisore, è la particella elementare di cui sono fatti tutti i numeri, primi e non primi, così come di elettroni, protoni, neutroni, eccetera, sono fatti tutti i corpi che esistono in natura, semplici e non semplici.

Considerate invece il successivo: il 30, apparentemente più bello e sodo. Ahimé, basta toccarlo che si sfalda in tanti pezzi. Lo si può dividere per 2, lo si può dividere per 3, e poi per 5, per 6, per 10, per 15. Insomma un numero fatto di tanti altri numeri più piccoli, un numero senza personalità.

Derrick Norman Lehmer
Questa storia di Luigi Poletti e Gino Loria è, ovviamente, un fatto vero. In gioventù Luigi Poletti aveva studiato matematica all'università, ma non aveva portato a termine gli studi. Ma quelle tavole di numeri primi scoperte a casa dell'amico Loria riaccesero qualcosa in lui, come un antico amore che torna a vivere.

Gino Benedetto Loria, invece, nato a Mantova nel 1862, godeva di buona fama nel'ambiente matematico, soprattutto per i suoi interessi nel campo della geometria e per le sue ricerche di storia della matematica.
Le tavole che si trovavano a casa sua e che attirarono l'attenzione dell'amico erano state redatte nel 1909 da Derrick Norman Lehmer, matematico statunitense nato nel 1867.
Il lavoro di Lehmer era più che un elenco di numeri primi, perché conteneva la fattorizzazione di tutti i numeri minori di 10.017.000.

"Ma perché tanto lavoro?" chiede Poletti con una curiosità sempre maggiore. Non c'è una formula che possa dirci se un dato numero è primo o no? No, una formula di questa fatta non esiste. Non solo: i numeri primi sono una famiglia strana. Più si sale, più si rarefanno, ma tra l'uno e l'altro gli intervalli sono irregolari e imprevedbili. Possono essercene tre vicinissimi e poi per scovarne un altro bisogna magari percorrere delle distanze immense. 

Dino Buzzati
Dietro queste poche righe di Buzzati sembra quasi di vederli, i tanti matematici che si sono affannati intorno all'enigma più formidabile di tutta la matematica, quello della distribuzione dei numeri primi: da Gauss a Riemann, da Hadamard a de la Vallée-Poussin, da von Koch a Selberg ed Erdős.
La successiva riflessione dello scrittore bellunese è un importante richiamo all'importanza della ricerca pura, anche se (apparentemente) priva di applicazioni pratiche: un ragionamento molto simile Buzzati lo faceva ripetutamente anche nei suoi articoli sulle imprese spaziali e sulle fatiche dei ciclisti dei suoi tempi.
A che servono veramente queste sfide? A nulla, ma non per questo non devono essere sostenute; anzi, a maggior ragione vanno incoraggiate, perché inseguire ciò che è impossibile e ciò che sembra inutile è poesia.
La stessa poesia che Buzzati ravvisava spesso nelle immani fatiche dei ciclisti e nelle conquiste degli alpinisti, tra i quali era lui stesso.

E lo scopo? A che cosa serve sapere se un numero è primo o no? Ebbene, per certi calcoli è un dato indispensabile. Ma questo non succede tutti i giorni. Il motivo vero è un altro; ed è quel disinteressato desiderio di capire e di conoscere che sta alla base di ogni scienza. Si proponeva forse un uso pratico Einstein quando fondava la dottrina della relatività? Gli studiosi della struttura atomica pensavano forse alla bomba di Hiroscima? 

È curioso che solo quattro anni dopo la morte di Buzzati si cominciò a comprendere quanto i numeri primi potessero diventare importanti anche in pratica, grazie alle applicazioni in crittografia.
Buzzati, sorprendentemente, sembra presagirlo:


Come escludere che un giorno i numeri primi si riveleranno importanti anche agli effetti pratici? La loro natura misteriosa, apparentata in certo modo ai corpi semplici, non lascia confusamente presagire una futura rivelazione clamorosa quale oggi non possiamo sospettare?

Luigi Poletti
Dopo quell'incontro a casa di Loria, insomma, la vita di Poletti cambiò radicalmente.

D'improvviso si fa in lui una decisione che può apparire ingenua, assurda, temeraria: "Mi metterò al lavoro io, sarò io l'esploratore dei numeri primi al di là del decimo milione".


E non lo disse per dire: lo fece davvero. Alla bella età di 47 anni si rimise a studiare matematica, e si dedicò per molti anni ad espandere la tavola di Lehmer, arrivando persino a ideare una nuova variante del crivello di Eratostene, denominata "neocribrum".
I suoi successi gli valsero molti riconoscimenti da parte della comunità scientifica: e pensare che non si era nemmeno laureato e fino a 47 anni non si era mai veramente dedicato alla matematica.
Come scrive Buzzati: era un ignobile dilettante, ora è un autorevole maestro.
Fu anche poeta, quasi a confermare la vicinanza che Buzzati riconosceva tra la ricerca scientifica e la poesia.
Pubblicò molti elenchi di numeri primi e parecchie opere specialistiche. Nel 1946 fu membro di una commissione internazionale alla quale fu affidato il compito di ampliare la tavola di Lehmer, e che dopo cinque anni produsse un elenco contenente tutti i primi minori di 11 milioni.
Successivamente Poletti si spinse fino alle vertiginose altezze dei 12 e poi dei 13 milioni. È comprensibile che Buzzati, provetto alpinista e innamorato delle Dolomiti, sia stato attratto da questa figura di matematico delle cime inviolate.
Poletti morì nel 1967 all'età di 103 anni. Molti lo ricordano ancora, ultracentenario, passeggiare per le vie di Pontremoli, sempre attento e pronto a intrattenersi con i concittadini.
Buzzati lo descrive così:

A passi intrepidi prosegue sempre più avanti nell'allucinante ignota selva dei numeri che si ergono ormai come giganti, tanto alti che non si riesce a scorgerne la vetta. Immaginate un intrico di ciclopiche colonne serrate l'una addosso all'altra, e una formica coraggiosa che vi si insinua in mezzo. La formica è Poletti: col suo neocribrum egli le saggia ad una ad una ed ecco i paurosi picchi sgretolarsi, crollare silenziosamente in polvere. Ma ogni tanto, al tocco sapiente, la pietra dà un suono metallico, non trema, non si sfalda: è un numero di razza buona, è un NP, un monolite, un K2, un Everest, che intatto durerà in eterno.

5 commenti:

  1. Peccato quell'"ignobile dilettante". Conosco dilettanti che fanno meraviglie (parecchi astrofili p.es.).
    Ma il post è davvero bello e Buzzati, beh si sa.

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  2. molto apprezzato, bel post! ancora di più adesso che ho pubblicato la mia Teoria dei Numeri n-esimi. Ma: "L'1, il 3, il 7, l'11, il 13, il 17, il 19, il 23 e così via"... ha dimenticato il 5? è numero primo anch'esso, e non fra i meno importanti! :)

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  3. Grazie a Juhan e a Carlo!
    Sulla questione del 5 dimenticato, avevo notato anch'io questa cosa: in effetti nell'edizione di "Cronache terrestri" in mio possesso (ma credo che sia così su tutte le edizioni), il 5 viene curiosamente tralasciato. Dimenticanza di Buzzati? Omissione voluta? Chi lo sa, forse non lo sapremo mai.

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  4. ciao, rileggendo il brano di Buzzati, tra l'altro si trovano i 47 anni e il 19 - 11, anche questi numeri primi credo, decisamente una coincidenza....
    un profano saluto
    christian

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  5. E' vero, Christian, interessante coincidenza!

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